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Il parere dell'esperto Domanda mondiale di energia e la lezione italiana

La stratificazione dei fattori che, insieme, hanno dato luogo ad un grande problema del nostro paese: l'elevato costo dell'energia, ben più cara rispetto agli altri paesi nostri più diretti concorrenti.

La domanda mondiale di energia cresce a ritmi insostenibili, non tanto per il forte impatto sull'ambiente, quanto per il fatto che da tempo ha superato l'offerta, o meglio la sua capacità produttiva. L'80% dei consumi mondiali di energia riguarda fonti fossili le cui riserve sono sostanzialmente immutate in termini di anni di durata: ogni anno si scoprono nuovi giacimenti per un ammontare uguale o superiore alla produzione di quell'anno. La loro durata va dai 40 anni del petrolio ai 250 anni del carbone, mentre per il gas la stima oscilla intorno ai 50 anni. Il problema serio è che questi giacimenti sono inaccessibili e l'esempio più eclatante riguarda proprio il petrolio. I suoi prezzi hanno raggiunto livelli record oltre i 100 dollari per barile, oltre tre volte le medie di lungo periodo, ma non cresce la capacità produttiva del Medio Oriente, dove si trova oltre il 60% delle riserve mondiali di petrolio e dove i costi di estrazione sono dell'ordine dei 5 dollari per barile. Questo è il più grave problema del futuro energetico dell'umanità, ovvero l'impossibilità di accedere alle riserve di energia del Medio Oriente, quelle più abbondanti e con i costi più bassi. Qui le strutture produttive sono ancora quelle realizzate negli anni '60 dalle grandi compagnie petrolifere occidentali prima delle nazionalizzazioni.
Il prezzo del petrolio determina quello del gas, fonte sempre più richiesta per la produzione di elettricità. Due sono i fattori che spingono la domanda mondiale di energia, evidenti in ogni luogo dalla Pianura Padana fino alla Cina passando per India o Stati Uniti: la maggiore domanda di mobilità e la crescita dei consumi di elettricità. La mobilità si scarica prevalentemente sui veicoli privati su gomma, per i quali l'unico propellente rimane il derivato del petrolio, benzina o gasolio. La domanda di energia elettrica cresce perché dà un'enorme utilità sia alle famiglie che alle industrie. Tutti a casa ne capiscono i benefici quando accendono una luce o il condizionatore, ma la crescita è spinta soprattutto dai consumi industriali.
E' qui che evidenzia tutta la sua versatilità nel coprire richieste di energia per produzioni più sofisticate, intermittenti e con più tecnologia. In Italia, su una domanda finale di 320 miliardi di chilowattora nel 2007, la richiesta del settore residenziale è stata di 67 miliardi, mentre quella dell'industria ha raggiunto i 156 miliardi, con il rimanente relativo ai consumi del terziario. Il futuro dell'industria italiana, come per quella degli altri paesi industrializzati, è sempre più legato alla disponibilità di energia elettrica.
Questa, però, è un vettore di energia, ovvero un modo per trasportare e rendere più facilmente utilizzabile l'energia primaria. Per produrla però occorre sempre a monte un alternatore, una ruota che gira e, per farla girare, occorre una forza, ovvero dell'energia primaria. Nel mondo questa è fornita per un terzo da carbone, per un altro terzo da nucleare e per il rimanente da idroelettrico e da gas. Le fonti rinnovabili nuove, l'eolico o il fotovoltaico, contano per non oltre l'1% del totale della produzione e, nella migliore delle ipotesi, potranno raggiungere il 5% nel 2030. L'Italia, invece, è dipendente soprattutto da gas naturale, peraltro quasi tutto importato, con una quota del 50% sul totale della produzione. Vale ricordare che l'Italia, con i suoi grandi laghi artificiali dell'arco alpino, può vantare una produzione da idroelettrico del 16% del totale, il che le consente di essere al quarto posto in assoluto in Europa per produzione da fonti rinnovabili.
L'eccessiva dipendenza da gas crea due problemi. Il primo riguarda il fatto che il sistema elettrico, una specie di sistema nervoso del tessuto economico e sociale del paese, dipende da una fonte primaria fornita da Russia, Algeria e Libia. Non che questi siano cattivi fornitori, anzi, loro hanno più bisogno di esportare che noi di importare, tuttavia il buon senso suggerirebbe una maggiore diversificazione.
Il secondo problema riguarda gli alti costi di generazione da gas per effetto del rialzo dei prezzi del greggio. E' per questa ragione che i costi dell'elettricità all'industria in Italia vanno a rafforzare il loro triste primato quali i più alti in assoluto all'interno dell'Europa. Il primo aprile 2008 è scattato un nuovo aumento dell'ordine del 3% che si somma a quelli precedenti del gennaio 2008 e dell'ottobre 2007. Purtroppo, anche per il luglio 2008 è probabile un aggiustamento verso l'alto. In Italia, una media azienda che consuma 10 milioni di chilowattora di elettricità paga circa 14,5 centesimi di euro per chilowattora, il 40% in più della media europea e il doppio rispetto alla Francia. Da quando è partito il rialzo dei prezzi del petrolio e del gas alla fine del 2003, i prezzi dell'elettricità alla piccola e media industria è salito del 35%.
Queste sono le cifre che occorre tirare fuori nell'attuale dibattito sui problemi energetici dell'Italia, in particolare quando, con grave responsabilità, si parla solo di liberalizzazioni e di rinnovabili, quale che fossero la panacea di tutti i mali. Queste sono utili, indispensabili, condivisibili e belle, ma non riducono da sole i costi e, poi, i prezzi. Anzi, visti i profitti delle grandi imprese energetiche e i sussidi percepiti dalle rinnovabili, vi è da dubitare che caso mai accada il contrario. Occorrono scelte più coraggiose rispetto al passato, orientate anche su carbone e nucleare.

L'autore

Davide Tabarelli ha fondato nel 2006, insieme a Alessandro Bianchi e a Nomisma Spa, Nomisma Energia Srl con l'obiettivo di coniugare al prestigio di Nomisma, nel campo della ricerca nei settori reali dell'economia, la specializzazione nell'energia maturata del gruppo di fondatori e collaboratori della nuova società. Il lavoro condotto al servizio delle istituzioni pubbliche e dell'industria privata nazionale e internazionale, ha permesso di sviluppare competenze interdisciplinari - tecniche, economiche, ambientali e giuridiche - applicate al settore dell'energia.

04/04/2008

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