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Ecco la proteina che ferma i tumori

La scoperta di Elisabetta Dejana, dell’Università dell’Insubria. A febbraio i risultati di nuovi studi. “Ma non abbiamo ancora battuto il cancro”, avverte la scienziata.

Elisabetta Dejana Si chiama Ve-caderina: per individuarla ci sono voluti sette anni di ricerche ed è la proteina che, se bloccata, inibisce la crescita dei vasi sanguigni del tumore.
E’ una delle strade più promettenti per vincere il cancro, una volta che si è formato nel nostro organismo. La sta percorrendo un’équipe scientifica che fa capo a Elisabetta Dejana, docente di Patologia Generale della Facoltà di Medicina dell’Università dell’Insubria.
“Stiamo lavorando ormai da tempo sull’organizzazione dei vasi sanguigni e, in particolare, sulle cellule che li costituiscono: dobbiamo immaginare delle ‘mattonelle’ che ricoprono quei tubi dove scorre il sangue.
In condizioni normali, il sistema vascolare (possiamo pensare a un albero con tante diramazioni) appare stabile.
Quando, invece, s’innesca un meccanismo di proliferazione tessutale - come nel caso dei tumori - c’è bisogno di aumentare l’apporto di sangue che porta ossigeno e nutrimento.
Il tumore, attraverso una serie di meccanismi complessi, stimola la formazione di nuovi vasi e devia verso di sé l’afflusso di sangue”.

E voi avete scoperto il meccanismo in grado di togliere nutrimento al tumore…
“Il concetto sul quale il nostro gruppo si sta impegnando, insieme a tanti altri nel mondo, è quello tagliare i viveri al tumore e perciò di bloccare l’organizzazione dei vasi che portano nutrimento.
Le strategie per ottenere questo risultato sono diverse.
In particolare, noi abbiamo scoperto la proteina Ve-caderina che fa da cemento fra le ‘mattonelle’ che ricoprono i vasi sanguigni e ha la caratteristica di essere presente nelle cellule che organizzano il vaso.
Impedendo a questa proteina di svolgere la propria attività, si riesce a disgregare il vaso ostacolandone l’organizzazione”.

Professoressa Dejana, come si svolge il lavoro del vostro gruppo?
E’ un’attività frutto di una stretta collaborazione fra l’Università dell’Insubria e l’AIRC, l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.
Nell’era post-genomica, gli studi avanzati in campo biomedico richiedono sempre di più tecnologie di laboratorio di altissimo profilo: in taluni casi si devono utilizzare tecnologie robotizzate.
L’AIRC ha così messo a disposizione realtà scientifiche che si occupano di tumori - fra cui appunto l’Università dell’Insubria - un Istituto nel centro di Milano. In questa nuova struttura il nostro Dipartimento di Scienze Cliniche-Biologiche ha la possibilità di condurre le sue ricerche”.

Esperimenti sugli animali permettono di ipotizzare una morte dei vasi del tumore intervenendo sulla Ve-caderina con particolari anticorpi…
“Abbiamo visto che se creiamo un’alterazione ereditaria nei topi, bloccando la sintesi di questa proteina con degli anticorpi, i topolini muoiono nell’utero della mamma.
Questo perché il sistema vascolare dell’embrione non si organizza.
E la crescita di un embrione è molto simile a quella di un tumore: se l’albero vascolare non può proliferare, entrambi abortiscono.
Inequivocabilmente, quindi, l’assenza della Ve-caderina porta a una fortissima alterazione dello sviluppo vascolare”.

Fatta questa osservazione, occorre, però, passare a una terapia per l’uomo…
“L’uso degli anticorpi in terapia è già stato introdotto per tante altre proteine.
E’ un approccio ormai codificato, anche perché produrli può essere relativamente più facile che, per esempio, nel caso degli agenti chimici.
Abbiamo così somministrato degli anticorpi diretti contro la VE-caderina a topi che portano tumori sperimentali, anche di tipo umano. Effettivamente, siamo riusciti a bloccare la crescita tumorale. Stiamo lavorando per rendere questi anticorpi somministrabili all’uomo, grazie anche al sostegno finanziario di società d’investimento statunitensi. A febbraio, ‘Blood’ - che è la più prestigiosa rivista di ematologia - pubblicherà i nostri risultati nella ricerca per identificare l’anticorpo maggiormente efficace sui vasi tumorali ma senza alcun effetto sui vasi costitutivi”.

E’, quindi, fondamentale selezionare i vasi sanguigni da distruggere…
“Questo è un punto cruciale per la terapia: la selettività. La possibilità, quindi, di colpire esclusivamente il tessuto neoplastico.
L’obiettivo è di distruggere soltanto i vasi sanguigni del tumore, mentre verrebbero salvati quelli dei tessuti sani”.

01/18/2001

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