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L'Ipposidra, i Villoresi, la rivoluzione industriale

Sull'alzaia del Ticino e dei canali Villoresi e Industriale. A piedi, in bici o con i roller-blade, per fare sport in un ambiente di grande pregio, dove è stata scritta una parte di storia dell'industrializzazione lombarda.

Per riscoprire una zona di grande suggestione paesaggistica in cui, tra l'altro, si è fatta la storia dell'industria elettrica italiana, si può attraversare il Parco del Ticino sfruttando piste ciclabili, strade a traffico limitato e solo due brevi tratti di statale. Il percorso copre una distanza di 49 km, ma si può decidere di interromperlo a piacimento ritornando sui propri passi. È preferibile però partire la mattina: ci saranno le condizioni migliori per apprezzare il paesaggio nella luce più ricca di contrasto, evitando così il caratteristico lattigine delle ore calde.
Si lascia l'automobile nel parcheggio di pizza Enrico Rovelli a Sesto Calende, vicino al visibile ponte di ferro sul Ticino. Dirigendosi verso il centro, si prende la prima strada sulla destra, Corso Italia, che porta direttamente al lungofiume Leandro Mattea, limitato al traffico veicolare. Proprio lungo il tratto del Ticino che si fiancheggia, nel 1854 Carlo Cattaneo progettò l'Ipposidra: in sostanza una "ferrovia per le barche” che sfruttava le rotaie e la forza dei cavalli per il trasporto dei barconi di fiume, dalla caratteristica chiglia piatta. Questi infatti, dopo essere stati scaricati delle merci a Milano, dovevano essere riportati fino al Lago Maggiore in "cobbie”, treni di sei-otto unità. Scendere verso Milano richiedeva esperienza e fortuna, ma la risalita controcorrente era massacrante, tanto che per superare il tratto tra Tornavento e Sesto Calende, potevano volerci anche due settimane. Mentre con l'Ipposidra i barconi venivano estratti dal fiume e trainati su binario fino a Sesto in sole sei ore. Erano gli anni della Rivoluzione Industriale e i fiumi e i canali erano le grandi autostrade di allora. L'idea del Cattaneo ebbe un immediato successo; purtroppo però la tempistica non venne indovinata e la realizzazione della ferrovia Milano-Sesto Calende, voluta dagli austriaci, portò al fallimento dell'Ipposidra già nel 1856.
Tenendo il fiume sulla destra, si prosegue su sterrato fino alla località Melissa: qui si incrocia la strada statale da percorrere fino a intravedere sopra le nostre teste il ponte autostradale. Proseguendo, prima dell'evidente salita di Golasecca, si entra sulla destra e si prende l'alzaia del Ticino che porta a sfiorare la diga di Monsorino, e che poi condurrà, in sei chilometri all'ombra di farnie, robinie e salici, fino a Porto della Torre. Si attraversa sicuramente uno dei tratti più suggestivi del percorso: l'odore d'acqua è intenso, l'aria fresca, la riva opposta si riflette perfetta nel fiume, mentre i pescatori silenziosi e le danze degli uccelli acquatici invitano continuamente a fermarsi. Qualche ciclista passa invitando scherzoso a proseguire e allora si prova "la fuga” fino a raggiungere la troneggiante diga di Porto della Torre, che fa anche da ponte verso il Piemonte. Si segue la statale N°336, con il fiume sempre sulla destra, per un chilometro e mezzo fino alla bella spiaggia naturale di Somma Lombardo dove, come riferimento, troviamo il bar Canottieri. Tenendo la destra, ci si immette di nuovo sull'alzaia, nel primo tratto asfaltata, poi ciottolata per una breve esperienza da Parigi-Roubaix, fino ad un'evidente costruzione, il Consorzio Villoresi. Quest'opera di presa idraulica, costruita tra il 1884 e il 1888, celebra con una targa i suoi fondatori, Eugenio e Luigi Villoresi, rispettivamente padre e figlio, "che pari nella fede e nella tenacia, idearono e vollero canale e consorzio, che il loro nome perpetuano”. La grandiosità del "Villoresi” può essere pienamente apprezzata solo nell'insieme del progetto: tutto il complesso infatti si articola in una serie di canali che dal Ticino scavalcano il Naviglio Grande seguendolo quando questo piega su Milano, e si spingono a Est fino all'Adda, passando per Monza; mentre a Sud, attraverso i navigli di Bereguardo, toccano Pavia arrivando fino al Po. L'opera di presa, dotata di trenta porte manovrate da comandi oleodinamici, permette di sollevare le acque del fiume di quei metri necessari per alimentare, poco più a valle, il canale Villoresi e il canale Industriale. Siamo in località Panperduto, un nome che la dice lunga sui pericoli dei commerci sull'acqua: in questo tratto di fiume infatti, insidioso per le rapide basse, i barconi spesso si rovesciavano perdendo il loro carico e mettendo a rischio i guadagni e la vita stessa dei piloti.
Proseguendo dritti oltre il Consorzio si punta verso una diga in mattoni rossi da dove partono, paralleli ma su diversi livelli, il canale Villoresi a sinistra, e il canale Industriale a destra. Dopo aver attraversato lo sbarramento, affascinati da mulinelli profondi più di un braccio e dallo schiumare delle acque, si scende fino ad immettersi sulla pista ciclabile, lasciandosi alle spalle la Conca, una vasca corridoio che permetteva alle imbarcazioni di aggirare lo sbarramento. La ciclabile, costruita lungo il canale industriale col contributo dell'Enel, sarà ora il percorso di riferimento da seguire, e da qui in poi il buon fondo stradale permetterà, volendo, di divertirsi anche con i roller-blade. In questo scenario la pista corre sempre parallelamente ai canali, che restano alla sua sinistra, mentre il Ticino si snoda poco distante sulla destra, con le sue anse che formano spiagge di sassi bianchi e pozze incantevoli. Molti sentieri sterrati permettono belle escursioni sul fiume, da compiere con un po' d'attenzione: l'alternanza di piene e di secche modifica continuamente il terreno erodendolo, e spesso un sentiero può finire improvvisamente mettendo in serie difficoltà.
Proseguendo si superano le indicazioni per la comunità La Maddalena e si giunge poco dopo alla grande diga di Vizzola Ticino, rifatta completamente nel 1938. Del vecchio impianto, che all'inizio del Novecento era il più grande di Europa, resta solo un'immagine del Beltrame sulla Domenica del Corriere che celebra l'inaugurazione ad opera di Vittorio Emanuele III. La centrale di Vizzola vede passare ogni secondo quarantatre metri cubi d'acqua portata dal canale Industriale che, dopo un salto di trenta metri, alimenta tre gruppi di produzione che forniscono 256 milioni di kwh di energia.
Volendo si può interrompere il percorso per una sosta al ristorante che troviamo alla nostra destra; oppure, superata la diga usando il primo sottopasso, si attraversa il ponte con la ringhiera gialla, e si prosegue sulla destra in direzione di Lonate Pozzolo. Si tiene possibilmente il canale sempre sulla destra, senza prendere la deviazione che si incontra dopo circa due chilometri, anche se più a valle alcuni ponti permettono l'attraversamento. Si tocca quindi un'area attrezzata per il picnic, si costeggiano alcune risaie e, scortati dalle file dei pioppi, si raggiunge, dopo poco più di sei chilometri, la centrale di Tornavento, un caratteristico edificio di mattoni rossi. Qui nasce, anche se viene alimentato dal canale della centrale di Turbigo, il Naviglio Grande, il primo ad essere costruito in Europa (XII sec.), che confluirà cinquanta chilometri più a sud nella Darsena di porta Ticinese. Alla centrale di Tornavento però il nostro percorso ci riporta verso Sesto Calende per la stessa strada dell'andata, rimpiangendo un poco l'Ipposidra del Cattaneo.

…La ferrovia iniziava sotto Tornavento, da una darsena collegata direttamente al Naviglio e quindi alla Bocca di Pavia. Sul fianco del bacino si trovava un fabbricato che ospitava quaranta cavalli, addetti all'attiraglio nella prima tratta della ferrovia. Alla darsena di Tornavento la barca, fatta uscire dall'acqua grazie a due argani e agganciata ad un tiro di quattro o sei cavalli, era pronta a partire per il suo viaggio.
Il carro saliva lentamente, percorrendo una quindicina di curve ad ampio raggio intervallate da brevi rettilinei tali da garantire pendenze non superiori al 2%, sino a giungere sull'altopiano di Tornavento, dove iniziava il suo tragitto di quasi 18 chilometri verso Sesto Calende...

Riccardo Brianzoni
La ferrovia delle barche da Tornavento a Sesto Calende. Storia di un'idea di impegni, fatiche e delusioni
Macchione Editore, 2006

05/11/2007

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