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Saronno, gli affreschi riprendono vita

Al Santuario della Beata Vergine dei Miracoli i restauri hanno riacceso l'antico splendore che fa di questa Basilica un vero e proprio gioiello nel patrimonio artistico della nostra provincia ed, in particolare, del Saronnese. Il celebre coro degli angeli visibile ora dal matroneo, a distanza ravvicinata.

Saronno, la città degli amaretti, non deve la sua fama solo agli squisiti dolci, all'omonimo liquore e agli altri prodotti della sua industria - dalle auto Isotta Fraschini, ai registratori Phonola, alle casseforti Parma e via dicendo - ma anche, in particolare, per il Santuario della Beata Vergine dei Miracoli, che rappresenta uno scrigno ricco d'opere d'arte dal Rinascimento in poi e, tutte, magnificamente conservate. Il tiburio è opera di Gian Antonio Amadeo, l'architetto che progettò anche quello di Santa Maria delle Grazie a Milano, tant'è che l'opera saronnese viene definita… la sorella minore.
Nel 1987 iniziarono i restauri, resi necessari dal degrado cui stavano andando incontro gli affreschi del tiburio. "Una volta alla settimana - racconta il sovrintendente del Santuario ingegner Sala - a causa delle piogge acide e dell'inquinamento, si raccoglievano secchi di calcinacci che cadevano dal tiburio e dal campanile e che sono stati riportati nella loro sede, con un attento lavoro di restauro conservativo. In sei anni questo restauro, sebbene molto impegnativo, è stato completato, ripulendo anche tutta la facciata della Basilica. Si è passati quindi alla parte interna, ricchissima di sculture, di statue lignee di Andrea da Milano e soprattutto di bellissimi affreschi opera di Bernardino Luini, di Gaudenzio Ferrari, e di Alberto Meleguli da Lodi, cognato del Bergognone. Grandi sono state le sorprese per i restauratori, soprattutto nella volta, dove sono riapparsi, dopo la pulitura, otto personaggi che hanno ritrovato l'antico splendore". Il sovrintendente Sala racconta: "Luini, tornato dopo un periodo di lavoro a Roma dove aveva appreso le tecniche raffaellesche, riprese i lavori al Santuario e, ricco di nuove esperienze, continuò gli affreschi". Gli esperti concordano sul fatto che l'artista dipingeva già con influenze di scuola leonardesca anche se non era mai stato allievo del grande genio e, nel lavoro al Santuario, aggiunse arte all'arte, creando dei veri capolavori. "Le lamine in oro zecchino che ora si possono ammirare, - continua l'ingegner Sala - sono le stesse che collocò il Luini e di ciò si ha riscontro negli archivi del Santuario dove sono conservate le 'fatture' d'acquisto delle foglie d'oro". Gli affreschi dell'abside, del presbiterio e l'antipresbiterio sono stati eseguiti dal Luini nell'arco di sei mesi effettivi, considerando che l'artista poteva lavorare solo in particolari stagioni dell'anno a causa della caratteristica del lavoro di affresco. L'artista morì un anno dopo, poco più che cinquantenne.
I restauri sono stati diretti dal professor Pietro Marani, uno dei più importanti studiosi di Leonardo, che ha riscontrato due grandi e piacevoli sorprese: la prima riguarda la volta del presbiterio, che è diviso in quattro spicchi interamente dipinti da Alberto da Lodi direttamente sul rivestimento in foglia d'oro "picchiettata alla mosaico". La seconda scoperta riguarda la parte centrale dell'affresco del Luini, raffigurante la Presentazione al Tempio e qui, la sorpresa, l'hanno trovata sul volto di alcuni personaggi dove sono state trovate delle minutissime scaglie di legno. "Era una tecnica usata in Siria e in India, - racconta il sovrintendente - cioè nei paesi molto caldi e serviva a mantenere più a lungo l'umidità per proseguire il lavoro di affresco. Non si spiega come il Luini la conoscesse, poiché non aveva mai viaggiato". Oltre a questi capolavori, ora è possibile salire fino alla loggetta superiore accanto al matroneo per ammirare un altro indiscutibile capolavoro che è il coro degli angeli, opera di Gaudenzio Ferrari che ha affrescato l'intera cupola. Anche qui, i restauratori, hanno trovato cose inaspettate e straordinarie: dal livello delle finiture dei vestiti, fatte a stucco in rilievo e rifinite in oro zecchino, agli strumenti musicali, tutti diversi uno dall'altro e, alcuni, addirittura inventati. Il fumo delle candele, usate per secoli, è stato il principale problema dei restauratori che hanno tolto uno strato grasso di nero fumo su tutti gli affreschi. Il coro comprende ottantasei angeli tra cantori e suonatori, venti cherubini e putti danzanti intorno all'immagine di Dio.
Tutto ciò, insieme alle altre opere d'arte conservate nella Basilica, si possono ora ammirare tutti i giorni, ma se si desidera la visita guidata è possibile farlo durante la domenica per apprezzare da vicino queste meraviglie del passato, dopo i restauri conservativi. L'ultima parte della visita è riservata alla quadreria e al museo del Santuario.

Visita al Santuario

La visita del Santuario, guidata da personale volontario qualificato, è possibile tutte le domeniche in due turni: prima visita alle ore 15:00 - seconda visita alle ore 16:00. In altri giorni è possibile organizzare gruppi di fedeli e di visitatori previo appuntamento telefonico (02.9603027).

01/16/2003

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