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Villa Buttafava, un leprotto nel parco

La provincia di Varese, si sa, è ricca di ville monumentali. Varesefocus ha iniziato un itinerario alla loro scoperta con un articolo dedicato a Villa Recalcati di Varese (ottobre 2001). Ora ci spostiamo a Cassano Magnago per dare uno sguardo a Villa Buttafava: un assaggio che può anticipare una visita di persona, essendo l'edificio aperto al pubblico.

"Post fata resurgo”, dopo le avversità del fato risorgo. Sul timpano della facciata un’iscrizione indica l’anno, il 1941, in cui importanti lavori di manutenzione avrebbero riportato Villa Buttafava di Cassano Magnago a risplendere dopo un periodo di decadimento. Che si sia trattato effettivamente di interventi di ristrutturazione o più semplicemente di manutenzione ordinaria in un periodo nel quale la proprietà risulta di sicuro abitata, è un dubbio che neppure due giovani architetti, Sara Bettoni e Chiara Fasano, hanno potuto sciogliere nei sopralluoghi compiuti per la stesura di un lavoro realizzato nell’ambito del corso di restauro architettonico del Politecnico di Milano. Un lavoro che, peraltro, ha consentito di ricostruire per sommi capi la storia di un edificio le cui tracce più remote risalgono al catasto di Maria Teresa d’Austria (1722) in cui compare anche il nome del
primo proprietario: Gerolamo Guenzati di Gallarate. E proprio attraverso le registrazioni del catasto teresiano si possono seguire tutti i passaggi di proprietà avvenuti fino al 1830: a Gerolamo Guenzati subentra nel 1773 Stanislao Guenzati, il quale fa edificare, con il permesso dell’autorità religiosa, un oratorio privato per non correre il rischio di "perdere la Messa” in quanto la propria abitazione, situata sopra una collina a fondo cretoso, è collegata al borgo cassanese da una strada impraticabile ogni volta che piove. L’oratorio sarebbe servito per seguire le funzioni religiose non solo ai componenti della famiglia, ma anche agli altri abitanti del luogo. Il permesso canonico è accordato e sollecita viene pure l’autorizzazione a far benedire l’oratorio dopo la sua costruzione.
Nel 1813 la Villa viene ceduta dalla famiglia Guenzati a Fedele Bono, poi nel 1824 subentra il conte Francesco Mengotti e quindi nel 1830 Giovanni Battista Buttafava, cui succede nel 1872 il religioso Andrea Buttafava.
I numerosi passaggi di proprietà hanno coinciso con diversi rifacimenti, al punto da ritenere che dell’edificio primitivo siano rimaste solo le cantine. L’attuale configurazione sembra farsi risalire comunque proprio ai lavori ordinati dai Buttafava, famiglia nobile di cui si hanno le prime notizie nel XII secolo e che, di origini piacentine, si trasferì nel milanese verso il 1500. I Buttafava, nella prima metà dell’800, scelsero il territorio cassanese per costruirvi una dimora di campagna. Solo don Andrea (1805-1889) la usò però come residenza abituale e dimostrò il proprio attaccamento a Cassano Magnago con un lascito testamentario per la costruzione di un ospedale sul territorio comunale.
La proprietà sorge in località nota come "delle Candie”, un terreno in lieve pendenza posto in posizione panoramica sulla costa di una delle numerose colline di origine morenica che si trovano nel basso Varesotto. In passato, parte della proprietà era adibita alla coltivazione della vite, grazie alle favorevoli condizioni climatiche e alle caratteristiche morfologiche del terreno. Nelle cantine della Villa c’è ancora traccia del torchio in pietra, per la spremitura, verso il quale l’uva veniva fatta cadere. Curiosa, nelle cantine, anche la presenza di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana utilizzata per uso irriguo.
Sul cancello d’ingresso, originario, campeggia lo stemma che riporta al suo interno una "b” e una "c” che stanno a indicare "Buttafava - le Candie”: la famiglia possedeva anche altre ville nel milanese, quindi quella di Cassano Magnago veniva identificata col nome della collina sulla quale sorge (non si sa con certezza da cosa derivi questo toponimo). Attraversato il parco all’inglese, la Villa si presenta in tutta la sua composta eleganza. Due piani sopra terra sormontati da un timpano finemente decorato, che diventano tre, per effetto dell’andamento inclinato del terreno, dalla parte che guarda verso la piana, in direzione della quale lo sguardo si prolunga accompagnato dalla vista di un sobrio giardino all’italiana. Sul fondo, l’osservatorio astronomico, un piccolo edificio a pianta ottagonale fatto costruire da don Andrea, che amava scrutare le stelle con un telescopio dalla cupola in rame, allora apribile. Sono ancora in parte visibili alcuni affreschi sulla volta, raffiguranti uccelli e decorazioni floreali e sui muri, con vedute paesaggistiche. Al centro del pavimento, un sole nero, in seminato alla veneziana.
Come in molte ville d’epoca (soprattutto toscane e lombarde), anche Villa Buttafava nasconde (sotto l’osservatorio) un ninfeo, realizzato incastonando diversi tipi di sassi (per taglio e colore) a creare decorazioni. Dal pavimento uscivano giochi d’acqua che servivano a rinfrescare gli ospiti nella stagione calda. Si racconta che le donne venissero qui a ricamare al fresco e a chiacchierare. Don Andrea era solito invitare gli amici per poi farli entrare nel ninfeo e azionare gli scherzi d’acqua.
Dall’osservatorio, guardando verso la Villa, si ammira l’ampia terrazza, ai bordi della quale sono situati l’oratorio, a sinistra, e, a destra, la limonaia. All’interno, il recente restauro ha lasciato il più possibile integri gli elementi d’epoca nel rispetto delle antiche forme e dei materiali originari eliminando tutto ciò che era stato aggiunto nelle varie epoche. Così, si possono ammirare, ad esempio, un parquet dell’800 nella sala del camino, una vasca da bagno anch’essa ottocentesca, lampadari provenienti da antiquari e da altre ville coeve, nonché le finestre, gli scuri e le porte, pazientemente restaurate. Su alcune persiane è rimasto ancora il cosiddetto "spioncino”, un’aletta che, ruotando, consente a chi è in casa di guardare fuori senza essere notato e senza dover aprire le imposte. Rimangono ancora intatte due finestre con telaio decorato, sicuramente più antiche delle altre.
Tutte le solette sono state rifatte recuperando dove possibile le vecchie piastrelle di graniglia e di pastine in cemento, che sono state sollevate a mano ad una ad una, pulite, catalogate e riposizionate creando un effetto "tappeto”. Tutte le pareti sono state tinteggiate riproducendo fedelmente le decorazioni attorno a porte e finestre e utilizzando una vernice alla calce che conferisce un effetto anticato. Su un lato dell’edificio, l’antico pozzo profondo più di 60 metri, scavato dall’alto pian piano e aggiungendo ogni volta un cerchio di mattoni. Un’apertura a pochi metri dall’alto, in direzione del ninfeo (dove pure esiste un accenno di botola a parete), lascia pensare ad un collegamento sotterraneo, una via di fuga che potrebbe avere anche un’altra diramazione verso le cantine della Villa: un mistero ancora tutto da svelare.
E al pozzo si riconnette una leggenda che racconta di un giovane della servitù Buttafava che, innamorato di una discendente della nobile famiglia, si vi si gettò per porre fine alle sue pene, ma fu respinto verso l’alto dalla pressione dell’acqua, dovuta alla profondità. I genitori della bella ragazza, colpiti dal gesto del giovane e ancor più dal segno strabiliante di un tentativo di suicidio respinto dalla sorte, permisero alla figlia di sposarlo.
Una leggenda che sembra propiziare le coppie che scelgono Villa Buttafava per allestirvi il pranzo di nozze: questa, infatti, insieme all’ospitalità di eventi conviviali, convegni, meeting aziendali, corsi di formazione, workshop, ricevimenti e altre manifestazioni analoghe, è la funzione alla quale è destinata attualmente la Villa. Una funzione che la rende molto più fruibile e godibile rispetto al passato. Soprattutto per chi ama la quiete. Compreso il leprotto selvatico che fa spesso capolino nel parco.

Villa Buttafava - via Trento, 44
21012 Cassano Magnago (Va)
Tel. 0331 203.172

Visite (consigliabili su appuntamento): dal lunedì al giovedì, ore 15.30-18.30.

01/18/2002

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