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Lo stupore della forma a Villa Panza

L'estro creativo dello stilista Capucci in una cornice d'eccezione, quella di Villa Panza a Varese.

Una fantasia scatenata e perennemente rinnovata. Così ha interpretato l'estro creativo del maestro Roberto Capucci la Presidente del Fai Giulia Maria Crespi, conquistata dalla serie di abiti-scultura, ottanta magiche creazioni in tessuto, che fino al 21 settembre resteranno in mostra nelle sale di Villa Panza. Una novità assoluta per Varese, antica e riconosciuta capitale del tessile, ma un evento anche per la regione che mai ha avuto in visione una così vasta produzione del sarto-artista. Una novità è anche l'allestimento della mostra - curata da Gianluca Bauzano e Franca Sozzani e sostenuta da Deutsche Bank e dalla Provincia - che per prima, proprio con le opere di Capucci, invade gioiosamente tutte le sale della villa, offrendo la preziosità di creazioni rare e ormai storiche. Tra le tante, il gruppo degli abiti realizzati nel 1995 per la Biennale di Venezia, XVLI esposizione internazionale d'Arte, ispirati al mondo delle strutture minerali e naturali. "L'Oceano", splendido per eccentricità e colori, fu invece ideato nel 1998 per l'Expo di Lisbona. Con ben ventisette gradazioni di blu sovrapposte ha richiesto cinque mesi di lavoro di altrettante persone. E ancora stupisce, nel contrasto tra geometrie e tinte, "Il Giorgini" in due toni di velluto azzurro, con corpino, gonna e volute di ottantaquattro colori. Dedicato a Gianbattista Giorgini è stato creato nel 2001 per celebrare i 50 anni di vita della moda italiana. Ma è cosa rara a vedersi anche la collezione di abiti corti e boleri, presentati eccezionalmente nelle due scuderie minori di Villa Panza. Dove spiccano tra le curiosità gli abiti con sovrapposizioni in plastica trasparente, o quelli in crêpe bianchi, con maschere in vetroresina, foderate di jersey bianco, applicate sulle maniche.
A far da specchio agli abiti-arte su arte, gli scatti eccellenti di maestri della fotografia che li hanno immortalati, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, per Vogue Italia: i nomi sono quelli di Gianpaolo Barbieri, Jean Jacques Bugat, Horst Paul Horst, Peter Knapp, Barry Lategan, Peter Lindbergh, David Seidner, Javier Vallhonrat.
Se la mostra è un bell'omaggio a Capucci, è anche un motivo in più per far intendere che arte e arte vanno sempre d'accordo. E nella settecentesca Villa Panza, tra i più felici esempi di armonia artistica e di stili diversi, gli abiti di Capucci non perdono in dignità accanto alle collezioni di arte contemporanea della villa e superbamente reggono nel confronto con le tele monocrome di Simpson o di Ruth Ann Fredenthal o con la sala delle candide "Acquasantiere" di Spalletti. Dove l'abito in taffetas grigio piombo di "Allanite" buca il chiarore della stanza e abbaglia il visitatore avvolto in una magica visione luminosa, suscitando emozioni non meno intense di quelle che avverte chi entra nella famosa sala rossa di Flavin.
Tale è il percorso creativo di Capucci che può dire: "Nei miei abiti c'è l'intero racconto della mia vita… nei miei abiti metto emozioni e pensieri, metto la natura e la gioia, la bellezza e la musica". La musica è grande fonte di ispirazione per il maestro. E certo nelle scale di colori e gradazioni dei suoi abiti che partendo dalle sfumature più tenui arrivano alle tonalità più calde e accese c'è come il susseguirsi di note e l'insistenza di sottesi motivi. E, ancora, sono pura sinfonia alla Ciaikovskij le architetture di quei petali di stoffa sovrapposti in morbidi strati che s'allargano fino a sbocciare in gigantesche corolle. Quanto alle spigolose e squadrate costruzioni - quasi una dodecafonica visione - espresse nell'impegnativo e "scandaloso" divertissement di certi abiti-corazza e della "Linea a scatola" per cui nel 1958 il maestro ottenne a Boston l'Oscar della Moda, ci si potrebbe sentire un'eco di Stravinskij.
Studi di arte alle spalle - liceo artistico e accademia - Capucci, romano di nascita, ha assecondato la sua vocazione con strumenti e materiali inusitati. Al posto dello scalpello e del pennello, ago, forbici e filo, al posto del marmo, del bronzo o della creta semplicemente il tessuto, con qualche ironica, recente concessione ai materiali sintetici. E in vista un unico fine: sconfiggere l'effimero e fermare la bellezza consegnandone la memoria al tempo, cercando di tener lontano, ma non senza sofferenza, il brutto che ingigantisce ogni giorno. Capucci, lavorando nel suo atelier di sarto, fin dagli esordi negli anni Cinquanta, era appena ventenne, ha esercitato e dimostrato la sua sapienza artistica di disegnatore e pittore, la sua forza di scultore, la pazienza e il gusto del mosaicista. Se i consensi delle donne da lui vestite - come Silvana Mangano o come Rita Levi Montalcini che indossò un Capucci per ritirare il premio Nobel - gli hanno sempre dato ragione di quella sua scelta d'artista, lo stesso mondo dell'arte lo ha accolto con tutti gli onori, caricandolo di premi e aprendogli le porte dei più importanti eventi internazionali (come il centenario della Biennale veneziana) e dei musei del mondo: dalla Galleria del costume di Palazzo Pitti al Kunsthistoriches Museum di Vienna, al Victoria and Albert Museum di Londra, al Fortuny di Venezia, alla stessa Villa Panza. Proprio qui rimarranno per sempre tre delle sue prestigiose creazioni.
Maestro couturier, inserito a buon diritto nel grande solco della storia della moda, ne ha una visione aristocratica e colta, sconfessandone con coraggio la grossolana interpretazione di tanti operatori e fruitori dalla bocca buona. Così, avverte Capucci, chi insegue con affanno stagionale omologate e massificate mode "per essere trendy"- come si dice con ricorrente, gergale bruttura quando si vuol dar l'aria d'intendersene - è già fuori dalla moda. Che non può essere imposizione subita, ma deve essere sentito connubio con l'esercizio di una fantasia pura, libera e personale. E' anche per questo che le sue sfilate avvengono per lo più nei musei e in occasione di eventi speciali e che, dall'inizio degli anni ottanta, ha deciso di disegnare una sola collezione l'anno, separando la propria attività dalle strutture istituzionalizzate della moda. Nonostante ciò i suoi abiti viaggiano per il mondo: dall'Italia alla Francia, dalla Russia alla Cina, agli Stati Uniti e via dicendo. E viaggiano nel tempo, spaziando dal passato, nel confronto cogli abiti dei grandi maestri della pittura - anche Benozzo Bozzoli e il Perugino - al presente.
Se diverse opere di Capucci sono nate per rimanere nei musei a testimonianza perenne di un far arte davvero fuori dagli schemi, è però altrettanto vero che la moltitudine delle sue creazioni necessita d'essere indossata: la donna che entra in un Capucci, sposando il suo corpo al guscio colorato di pieghe ed elitre, dà anima al vestito e trova se stessa nel cuore dell'abito. Nella sala della Scuderia Grande di Villa Panza è esposta una collezione di abiti lunghi. E' una collezione stupefacente - per colori e fantasia, per invenzioni e spunti, per contrasti e geometrie - che fa quasi integralmente parte dell'Archivio Storico Capucci di Roma: "Antinomite", "Fluorite", "Ematite" sono i significativi nomi di tre creazioni in taffetas appositamente create nel '95 per la Biennale di Venezia. Osservandole, per quanto solenni e imponenti e piacevolmente complicate, danno l'impressione che stiano aspettando che una donna le vada ad abitare. O siano magari appena state sfilate, abbandonate per poco, per essere poi riprese in un gioco senza fine. Lo fa pensare anche la linea netta di un busto esile e sinuoso - che spicca diritto dalle onde di tessuto - morbidamente sagomato su di una donna filiforme… Forse una donna-crisalide. O una Venere del Botticelli, appena sgusciata dal prezioso involucro di volute smeraldine, desiderosa di immergersi senza veli nel suo mare.

Roberto Capucci.
Lo stupore della forma
Villa Menafoglio Litta Panza
fino al 21 settembre, tutti i giorni (escluso lunedì) non festivi
Orario: 10.00-18.00
Entrata alla mostra: euro 5

05/29/2003

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