Varesefocus.
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
Varesefocus

 
 

Tra beneficenza e potere

Gestiscono migliaia di miliardi e controllano ancora gran parte del sistema bancario italiano, anche se dovrebbero esserne separati. La mano ingombrante della politica sulla loro gestione.

La legge Ciampi è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale da due anni, nel gennaio del 1999: avrebbe dovuto mettere un punto fermo per quanto riguarda assetto e governance delle Fondazioni Bancarie, oltre a limitare il peso proprietario delle stesse nel sistema bancario e separarlo dalle loro attività non profit, così da correggere le distorsioni nella gestione di enti potentissimi per peso economico e ruolo istituzionale.

Eppure - oggi più che mai - lo status, le regole di gestione e, più in generale, l'attività delle Fondazioni di origine bancaria sono al centro di battaglie e di discussioni in cui la politica continua ad avere un ruolo centrale.

Del resto, per la rilevanza che esse continuano ad avere nella proprietà del sistema bancario e nella vita civile, le Fondazioni - così come battezzate dalla legge Amato del 1990 - rappresentano uno snodo cruciale nel futuro del nostro Paese.

la "Cà de Sass", storica sede milanese della CariploGli esempi più recenti di conflitto sono quelli legati alla nomina della Commissione Centrale di Beneficenza - ovvero l'organo d'indirizzo - della Fondazione Cariplo, dove Polo e Ulivo si sono aspramente contesi il controllo dell'ente, e al rinnovo dello statuto della Fondazione Monte dei Paschi, che prevede otto consiglieri di nomina del Comune di Siena, cinque della Provincia, uno della Regione (di fatto un soggetto politico unitario, in questo caso rappresentato dai Ds) e, poi, un consigliere nominato dall'Università e uno dall'Arcidiocesi.

Il problema, quindi, sembra essere la voce clamorosamente alta che la politica mantiene nella gestione di ricchissimi e influenti centri di potere.
Alla faccia d'ogni regola di trasparenza.

Secondo l'ultimo rapporto ACRI, l'Associazione delle Casse di Risparmio Italiane, le Fondazioni Bancarie dispongono di un patrimonio di 59.700 miliardi di lire; patrimonio che negli ultimi due esercizi è aumentato del 13,4%. Ogni anno distribuiscono centinaia di miliardi alle più disparate attività. La Fondazione Cariplo, per esempio, ha un budget d'intervento che supera i 200 miliardi annui e la torinese San Paolo sfiora i 150 miliardi. Anche in questo caso, sottolineano gli esperti del settore, c'è un problema di trasparenza. Con quali criteri vengono scelte le iniziative cui destinare le beneficenze?

Negli Stati Uniti le Fondazioni devono elargire a titolo gratuito almeno il 5% del proprio patrimonio. In Italia invece una norma simile non esiste, anche se gli enti più importanti distribuiscono circa la metà dei propri redditi annuali. In verità, anche nel nostro Paese c'è una disposizione legislativa in base alla quale un quindicesimo dei redditi delle Fondazioni andrebbe distribuito ai centri di servizio del volontariato. Peccato che, nella grandissima maggioranza delle Regioni, questi centri non siano ancora stati istituiti: quel quindicesimo di reddito resta così improduttivo, accantonato in attesa che la situazione si chiarisca.
C'è di più: la legge, infatti, prescrive la redazione del cosiddetto Bilancio Sociale, cioè un documento descrittivo delle erogazioni e degli obiettivi raggiunti dai programmi d'intervento. Quasi nessuna delle grandi Fondazioni, finora, ha reso pubblico il proprio Bilancio Sociale.

Un dato di rilievo è che in Italia le Fondazioni rappresentano ancora - e nonostante le linee d'indirizzo della legge Ciampi - due cose insieme: da un lato, esse sono soggetti dediti alla realizzazione e al sostegno finanziario di attività con scopi d'utilità sociale; dall'altro, detengono partecipazioni proprietarie nelle banche. Esse, quindi, operano nel “non profit”, ma - al tempo stesso - sono anche attori centrali di un settore che punta necessariamente al profitto, anzi di quel settore che alimenta e vincola il resto del sistema economico, che ne è cioè una componente strategica.

Oggi più che mai il sistema bancario italiano è controllato dalle Fondazioni: in Banca Intesa, San Paolo-Imi, Unicredito, Banca di Roma e Monte dei Paschi (che sono i cinque gruppi bancari italiani maggiori per dimensione dell'attivo) e in Mediobanca le quote in loro possesso sono intrecciate e determinanti per gli assetti di controllo. Inoltre, i loro assetti proprietari stanno investendo anche le banche di dimensioni medie e piccole. Tanto più che ciascuna Fondazione rappresenta un soggetto diverso, ma accomunato da una caratteristica fondamentale: non essere sottoposto a verifiche di mercato.
All'inizio degli anni Novanta, la fine del controllo che la mano pubblica esercitava sul sistema bancario era ritenuta una indifferibile una necessità. La logica economica imponeva le privatizzazioni, ma le modalità scelte per effettuarle furono pesantemente condizionate dalla volontà del potere politico di non cedere il controllo di un settore di così alto rilievo.
La legge Amato costituì il solito compromesso per contemperare le esigenze sia del mercato sia della politica senza alcun rispetto per gli attori principali del sistema economico: i cittadini e le imprese.
Oltretutto le Fondazioni - come hanno mostrato casi recenti - non posseggono strumenti istituzionali adeguati per evitare che chi ricopre cariche di vertice si trasformi in un gestore degli organi collegiali secondo la logica delle coalizioni d'interesse politico. Lo può fare perché manca un'imputazione precisa di responsabilità, con le relative sanzioni. La conseguenza è, troppo spesso, il rischio che prevalgano interessi e orizzonti temporali squisitamente elettorali o ideologici.

Qual è, allora, la soluzione per salvaguardare l'autonomia delle funzioni di banca, nel rispetto di una corretta logica di mercato e dei suoi attori?

In primo luogo, vi è la necessità che le istituzioni locali designino quali loro rappresentanti negli enti gestori delle Fondazioni delle personalità indipendenti e autorevoli che, nei fatti, dimostrino di saper separare l'anima sociale dalla politica. Occorre, poi, riportare l'attenzione proprio sul ruolo d'utilità sociale delle stesse Fondazioni, restringendo le finalità della loro azione, così da rendere più chiare le responsabilità e da sottrarle alla logica degli interessi politici.

01/18/2001

Editoriale
Focus
Economia
Inchieste
L'opinione
Territorio

Politica
Vita associativa
Formazione
Case History
Università
Storia dell'industria
Natura
Arte
Cultura
Costume
Musei
In libreria
Abbonamenti
Pubblicità
Numeri precedenti

 
Inizio pagina  
   
Copyright Varesefocus
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
another website made in univa