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Così il sistema educativo vince la sfida della globalizzazione…
Il futuro in settori decisivi come quelli della scuola e della formazione professionale si gioca nella capacità di rispondere alle sfide della qualità e della competitività
L'emergere dell'economia e della società della conoscenza indica che la qualità delle risorse umane è diventata la leva della competitività delle imprese.
Dopo tre anni di lavoro e grazie all'impegno di tre commissioni 'indagine, Confindustria ha elaborato nell'ambito dell'Area Scuola, Formazione e Ricerca un "Rapporto sull'Education" che esplicita il punto di vista dell'impresa sui problemi della scuola, dell'università e della formazione professionale.
Lo studio fa emergere chiaramente come il futuro in questi settori decisivi per la nostra società si giochi nella capacità di rispondere alle sfide della qualità, della competitività, della valutazione e della ricerca di nuove identità professionali.
Per rendere efficaci le molte riforme che in questi mesi stanno cambiando il volto della formazione in Italia, occorre prestare maggiore attenzione alle esigenze delle imprese, a quelle dei giovani come pure a quelle delle famiglie.
Al contrario, la recente indagine sui fabbisogni formativi delle imprese promossa dall'Organismo bilaterale nazionale Confindustria-CIGLI-CISL e UIL ha posto in luce come le aziende abbiano difficoltà a reperire il 60% delle figure professionali necessarie al loro funzionamento competitivo.
E' un eloquente segno della distanza che ancora separa in Italia la formazione e il lavoro e dei cambiamenti necessari per rendere più europea la nostra offerta formativa.
Ecco allora che nel "Rapporto sull'Education" si sottolinea la richiesta che l'impresa possa efficacemente dialogare con il sistema educativo contribuendo a individuare le aree cognitive che devono trovare spazio tra le conoscenze tradizionali (una per tutte, l'informatica).
Il sistema economico, deve poter partecipare, nell'ultimo anno della scuola dell'obbligo, all'attività di orientamento del giovane, attraverso l'individuazione di occasioni strutturate di conoscenza della realtà del lavoro, con particolare riferimento ai principi della globalizzazione, dei nuovi modelli organizzativi e delle opportunità offerte dallo sviluppo digitale.
In tal senso occorre prevedere anche l'orientamento e l'aggiornamento degli insegnanti con il loro coinvolgimento nelle eventuali esperienze e nelle visite sui luoghi di lavoro.
Da qui poi la necessità di eliminare tutte le rigidità che, nei periodi scolastici successivi a quelli dell'obbligo, ancora non consentono ai giovani di avere concrete occasioni di professionalizzazione e di acquisire un'esperienza lavorativa. Alcuni dei migliori partner europei delle nostre aziende sono già ora in grado di offrire a una larga fascia di giovani queste opportunità.
Serve poi riconoscere che il vero nodo di qualsiasi riforma del sistema universitario ruota intorno al problema della collaborazione fra Università e sistema produttivo del territorio in cui essa vive in funzione del potenziamento delle attività di ricerca e sviluppo. Un'innovazione sostenuta da Confindustria e di notevole rilievo – l'accordo fra Governo e Conferenza Stato Regioni risale al luglio 1998 - è rappresentata dai corsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS). Si tratta di corsi che, progettati e gestiti in modo integrato da diversi soggetti: scuola, formazione professionale, università e impresa, prevedono una durata annuale (due semestri) o biennale (quattro semestri) di cui almeno un terzo dedicato allo stage e con una docenza che almeno per la metà provenga dal mondo delle imprese e delle professioni.
Resta comunque alta l'attenzione del sistema industriale a contrastare il rischio di "scolasticizzare la formazione professionale" e di distrarre risorse comunitarie e nazionali dal sistema formativo verso scuole e Università.
06/05/2000
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