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Relazioni sindacali. Un autunno caldo?

Lo scenario delle relazioni industriali si presenta quest'anno pieno di incertezze che non lasciano prevedere nulla di buono. L'attenzione è rivolta alla piazza, piuttosto che ai tavoli del confronto, ma l'Italia non ha certo bisogno di un ritorno alla conflittualità.

Manifestazioni sindacali in Piazza Monte Grappa a Varese
Mai come quest'anno, all'inizio della ripresa autunnale, lo scenario delle relazioni industriali si presenta pieno di incertezze. Sulla situazione che sembra prospettarsi hanno, certamente, influito le polemiche estive e, d'altra parte, non c'è agosto che non agiti i rischi di un "autunno caldo". Quest'anno, però, gli elementi di tensione politica e sociale sembrano essere meno evanescenti rispetto al passato. E' cambiato il quadro politico con una nuova maggioranza che si propone di dare una sterzata in campo economico e, questo, inevitabilmente provoca consensi ma anche dure reazioni. Ma sta cambiando anche il quadro delle relazioni tra le parti sociali dopo lo strappo della Cgil che, oramai da diversi mesi, ha voluto rompere con un passato all'insegna del confronto, preferendo una posizione solitaria fatta di tanti no: no all'apertura della trattativa sulla riforma delle pensioni, no a quella del mercato del lavoro, no a una revisione delle "vecchie" regole sui licenziamenti legate agli anni ' 70.
Ma è su due vicende specifiche che si è consumata una rottura che rischia di inasprire ulteriormente i rapporti all'interno dello stesso sindacato confederale: il rinnovo del contratto dei metalmeccanici e il recepimento della direttiva europea sui contratti a termine. In passato si sono, ovviamente, verificati altri episodi di spaccature tra Cgil, Cisl e Uil ma adesso siamo di fronte a troppi casi che, messi assieme, non lasciano prevedere nulla di buono.
Certamente sui destini, immediati e a più lungo termine, del maggior sindacato italiano pesano la sconfitta elettorale del centro-sinistra e, soprattutto, la crisi dei Ds. Lo dimostrano polemiche e scontri interni di queste ultime settimane, legate alla ricerca del nuovo leader dei Ds che ha coinvolto le diverse anime e componenti della Cgil con il risultato che la confederazione sembra concentrata su una battaglia di tipo politico, distraendosi dal suo "naturale" ruolo di interlocutore sociale. Ma se le tentazioni estive dovessero trovare una conferma in autunno, sarebbe davvero pericoloso che la confederazione più forte in Italia pensi di ritagliarsi un ruolo politico, fino a identificarsi nel "vero" partito di opposizione, da sovrapporre a quello sindacale.
Manifestazioni sindacali in Piazza Monte Grappa a VareseL'alta tensione che potrebbe innescarsi nei rapporti tra le parti sociali e tra una sua componente e il Governo viene a coincidere con una fase decisiva per il Paese, che richiede il concorso di tutti per garantire la competitività del sistema Italia. Da più parti (dal Fmi all'Ocse, all'Unione europea) si ripetono le sollecitazioni ad affrontare con forza i nodi critici e strutturali: dalle pensioni alla questione delle flessibilità del mercato del lavoro, alla riforma dell'attuale assetto contrattuale. La prima prova, molto parziale come quella dei contratti a termine, ha subito messo in luce la durezza dello scontro. Quelle ancora più impegnative, a cui saranno chiamati in questi mesi Governo e parti sociali rischiano di provocare guerre "sante" a cui il sistema non era più abituato oramai da anni. Tornano parole d'ordine che non si sentivano da tempo, con un'attenzione rivolta alla piazza piuttosto che ai tavoli del confronto.
Di un ritorno alla conflittualità, che per lungo tempo ha inchiodato il sistema economico italiano, proprio non si sente la necessità. Tutti si sono abituati a risolvere i problemi, anche i più difficili, con il confronto e non con la logica del più forte. Drammatizzare la situazione non serve a nessuno, neanche a chi intende promuoverla nella speranza, magari, di ottenere qualche momentaneo consenso. D'altra parte, lo hanno ribadito di recente a Barcellona l'amministratore delegato della Fiat, Paolo Cantarella e, al seminario di Cernobbio, il Governatore di Bankitalia Antonio Fazio e l'avvocato Gianni Agnelli: la piazza non serve, meglio un "tavolo" per cercare le soluzioni.
Del resto, a distanza di quasi 10 anni dalle prime firme tra Governo e parti sociali, che hanno consentito di invertire la rotta del declino, tutti gli attori si interrogano sulla validità del metodo concertativo. Un metodo che, nel corso degli anni '90, ha assicurato risultati decisivi nella lotta all'inflazione, ma che adesso deve fare i conti con un nuovo scenario all'insegna della globalizzazione del sistema economico e della straordinaria velocità dei cambiamenti.
Come adeguare, allora, le regole e i meccanismi delle relazioni tra le parti? Sarà questo un altro aspetto del confronto, che richiede una forte dose di spirito innovativo. Pensare di ritornare alla "vecchia" logica del più forte, come qualche componente sindacale sembra tentata di fare per liberarsi dagli obblighi del metodo concertativo, sarebbe una scelta senza futuro: le relazioni tra le parti sociali non possono fare passi indietro. La concertazione ha bisogno di essere aggiornata e rivista alla luce delle trasformazioni in corso. E questo, insieme ai temi delle grandi riforme da fare, sarà un altro aspetto dello scenario autunnale. A cominciare da quello sulle nuove forme contrattuali: un terreno sul quale si costruiranno i rapporti tra le parti nelle aziende e a livello più generale.

09/13/2001

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