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Vivere il volontariato

Due esperienze a confronto da parte di persone appartenenti a generazioni diverse.

Da trentacinque anni con passione e fermezza
Trentacinque anni di volontariato all'interno del Gruppo terziari francescani e per Andreina Casanova, 67 anni, la prospettiva è quella di aggiungere ancora dei tasselli alla sua ricca esperienza. "Ho cominciato con poche ore - dice Andreina Casanova -. Ero ancora giovane e avevo anche i miei tre figli da accudire, ma ho sempre avuto il desiderio di aiutare gli altri". Così ancora oggi gestisce l'armadio dei poveri alla Brunella e dà una mano per la mensa dei poveri aperta tutti i giorni dopo aver operato anche all'interno di Unitalsi, l'Unione italiana trasporto ammalati a Lourdes e ai santuari internazionali.
"Non credo assolutamente che aiutare gli altri sia una questione di buonismo - dice ancora la signora che nel 2001 è stata anche premiata con altri volontari con il Sole d'Oro, riconoscimento assegnato sulla base del particolare impegno di singoli all'interno delle associazioni provinciali - Piuttosto si tratta anche di capire, ascoltare e, quando serve, saper usare il tono giusto per correggere certi atteggiamenti. Le persone che hanno bisogno sono molte e occorre dare delle regole, evitare che ci sia gente che ne approfitta a scapito di altri bisognosi".
Cosa pensa dei corsi di formazione? "Fare del volontariato diventa sempre più difficile e complesso. Ho seguito un percorso formativo nel '93 ed è stato molto interessante. Al di là delle nozioni teoriche, penso sia giusto soprattutto far capire che non tutti sono adatti a fare questo tipo di attività. Se la si scambia solo per un atto di benevolenza si rischia di fare più male che bene: occorre amare il prossimo, ma anche essere capaci di trasmettergli qualche cosa ogni volta che lo si incontra".

Le vacanze? Con i bimbi in Romania
Andrea ha 19 anni, e frequenta l'ultimo anno presso l'Ipsia di Varese. L'estate scorsa ha passato le sue vacanze estive a Braila, 150 chilometri da Bucarest, vicino alla Moldavia. Non una vacanza di studio, ma un periodo speso a fare del volontariato, accanto ai bambini - numerosissimi in quel Paese - che sono senza famiglia e vivono in istituto. "A fare da tramite è stata una associazione di Milano che fa capo a Don Gino Rigoldi - spiega Andrea - e con me c'erano anche altri ragazzi e ragazze che erano già stati in Romania e avevano fatto questa esperienza. La vita all'interno delle strutture che ospitano gli orfani non è stata facile: nessuna comodità, intesa come acqua calda e pulizia, e anche un po' di ostilità da parte del personale".
Prima di partire ci sono stati incontri di preparazione per affrontare la situazione ed ai giovani è stato anche chiesto di tenere un diario di quello che succedeva ogni giorno.
"Non è stato facile stabilire un modo di comunicare con quei bambini: ma alla fine il gioco, il disegno e la comunicazione non verbale ci hanno permesso di stabilire un legame. Quando si è trattato di andare via è stato molto doloroso: ma io sapevo già che sarei tornato appena possibile, per le vacanze di Natale, e che anche la prossima estate tornerò là".
La cosa che lo ha colpito di più? "L'assenza di tutto, di ogni cosa che noi diamo per scontata e, soprattutto, la rabbia di piccoli che non hanno nulla. Ogni dono o attenzione doveva essere sempre per tutti, altrimenti scoppiavano pianti e liti furibonde. E' un'esperienza che mi ha insegnato moltissimo".

02/15/2002

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