Varesefocus.
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
Varesefocus

 
 

Un grande talento incompreso

Al Castello di Masnago torna l’opera di Innocente Salvini, pittore semplice e geniale scomparso nel 1979. Fino al 15 ottobre restano in mostra 80 opere e una raccolta di missive dell’artista e sono inoltre previsti collegamenti turistici con il Mulino di Cocquio, casa museo dell’artista, e con Gemonio, Laveno e Arcumeggia dove è possibile ammirare le sue opere murali.

Sul terrazzo, 1934, olio su tela, 200x139 cmNon un ingenuo, né un incolto, né autodidatta o artista impreparato. Raffaele De Grada ha avuto il piacere di riscoprire più volte (anche con Giovanni Testori) l’arte di Innocente Salvini, il pittore di Cocquio, il "Nuzentin" "considerato dai pochi che lo conoscevano un maniaco stanziale che non si era mai allontanato dal suo mulino di Gemonio dipingendo quadri di famiglia e il paesaggio attorno a lui, come se al mondo non esistesse niente altro". In realtà, chi lo conosceva bene, sapeva dei suoi studi d’arte precoci e giovanili, della sua ottima conoscenza dei Macchiaioli e dei Divisionisti, dell’iniziazione" con l’amico pittore Siro Penagini, che lo mise al corrente dell’espressionismo germanico, nonché dell’ammirazione suscitata in Carlo Accetti, presidente della Permanente di Milano che lo riteneva un grande talento incompreso. Ma raramente Innocente si spingeva a Milano. Accadeva solo se c’erano novità artistiche interessanti. E nei momenti liberi, quando non dipingeva ascoltando musica classica, leggeva i mistici.
Ancora oggi, per De Grada Innocente Salvini rimane un artista di alto interesse,"da raccomandare ai contemporanei come un’ oasi di pace, capace di acquietare i loro affanni". Il critico manifesta queste sue convinzioni in occasione della rassegna monografica dedicata alla memoria di Monsignor Macchi, che all’arte del poco conosciuto pittore di Cocquio spalancò nel 1966 le porte dei Musei Vaticani.
Dopo anni di assenza, dal 1969, è dunque tornata a Varese, nella sede del Castello di Masnago, l’opera di Innocente Salvini (1889-1979). A promuovere la mostra, curata da Opera d’Arte in collaborazione con il Museo Salvini di Cocquio Trevisago è stato il Comune varesino con il contributo della Regione Lombardia e il sostegno di FNM, Media sponsor Prealpina, SGM Assicurazioni. Saranno in visione al pubblico, fino al 15 ottobre, le ottanta opere selezionate in un arco di tempo che, dal 1905, arriva fino agli anni Settanta. Resterà invece definitivamente al Castello uno dei più noti lavori dell’artista "Il taglio della polenta" del 1936.
La mostra si suddivide in cinque filoni tematici, i temi cari e ricorrenti del piccolo mondo di Salvini, che rivelano ciascuno il percorso stilistico e cronologico dell’artista: dagli Autoritratti al Mulino, dalla Galleria dei ritratti ai Paesaggi, agli Ambienti domestici.
Raffaele De Grada, presidente del Comitato Scientifico che si è occupato della rassegna monografica (con Flavio Arensi, Anna e Mosè Visconti, Carlo Ghielmetti) ha per l’occasione potuto ribadire la sua convinta adesione alle scelte artistiche di quell’uomo semplice, dall’aspetto timido e goffo, che si concedeva l’unica civetteria nascondendo idee e imbarazzi, assieme al gran tosone dei capelli, sotto l’ampio copricapo. Salvini non rincorreva infatti né onori né mode. E per, l’umana modestia che lo distingueva, si era tagliato fuori da tutto, privilegiando, piuttosto che il nomadismo dell’arte contemporanea, cui si abbeveravano gli artisti in corsa verso Parigi e altrove, il suo piccolo mondo agreste e familiare. L’intera opera di Salvini è resoconto, canto perenne - come la mostra conferma - di questo suo microcosmo fatto delle stesse poche facce dei familiari, delle mura assolate della casa agreste, del torrente Viganella nelle cui acque affondavano le ruote del mulino di famiglia, strumento un tempo vitale per una dinastia che vantò pur anche qualche mugnaio. Innocente non si distaccherà mai definitivamente dalla madre, dai fratelli, dai nipoti, tutti protagonisti dei suoi ritratti, colti nel trascorre degli anni. La famiglia gli basta, gli bastano i terreni della sua campagna arati e inondati dal sole, dove le stagioni s’avvicendano al ritmo della serenità. La vita fluisce dalla sua mano di pittore e dal suo cuore fissandosi sulla tela, stagione dopo stagione, in un lungo viaggio che lo tiene sempre lì, coi piedi attaccati alla sua terra. Eppure, in quelle zolle sanguigne che fruga ogni giorno con gli occhi, Innocente scova pepite di saggezza, scopre l’universo. E si guadagna quella sapienza da autentico viandante della vita così ben rivelata dalle tante opere della sua attività di pittore a tempo pieno, per un’ intera esistenza. Mescola i pochi colori primari, assecondando il suo controllato ma dichiarato fauvismo, rubando le combinazioni dei rossi e dei gialli ai più begli abiti della sua campagna, al sole che, sbucando controluce tra il verde, accende incendi tra i capelli delle sue donne, ai palpitanti tramonti che annegano persone e paesaggi nell’oro. Innocente annusa e intravede appena il mondo di fuori, che ha perfettamente impresso dentro di sé, soprattutto dalla piccola finestra del locale mal illuminato in cui ama dipingere i soggetti più cari: la casa col mulino, i campi, la piccola chiesa romanica di San Pietro in Gemonio. Suoi modelli umani saranno sempre i familiari. La madre prima di tutti, che usava dire alle amiche curiose e un po’ invidiose di quel figlio che la ritraeva sempre:" Innocente non mi fa il ritratto, mi adopera come modella". E Innocente andava fiero a sua volta di quella madre intelligente - diceva lui con fierezza, molto più intelligente di tanti critici di mestiere - che era ben consapevole della necessità di far risparmiare al figlio le spese per pagare modelle che non poteva permettersi.
Tra le sorprese della mostra, oltre al piacere di vedere o rivedere lavori di alta qualità come "I miei genitori in azzurro"( 1914), " I Viandanti"(1933), " Sul terrazzo" (del 1934), alcuni inediti provenienti da collezioni private. In particolare, vogliamo ricordare la bella opera "Focolare", un olio del 1930 acquistato da un collezionista europeo e proveniente dal Sud Africa. E’ stata regalata al Museo Salvini dal figlio, dopo la morte del collezionista stesso, in ricordo del padre.
Accanto ai lavori esposti sono anche scritti e cataloghi, e rari frammenti di una corrispondenza con alcuni artisti ed esperti della materia. Con loro Salvini intratteneva rapporti improntati alla sua umanità semplice e intensa. Commovente è la missiva dell’amico pittore Siro Penagini che sa, e si dispiace, della partenza di Innocente, in procinto di compiere il suo dovere di soldato. Divertente invece la lettera in cui un amico critico del Corriere della Sera lo ringrazia per il dono fattogli di due oche. Correva l’anno 1944.

INNOCENTE SALVINI (1889-1979)
27 maggio -15 ottobre 2006
Varese, Castello di Masnago
Da martedì a domenica 10.00-12.30 e 14.00-18.30
Terzo sabato del mese apertura straordinaria fino alle 22.00
Catalogo SilvanaEditoriale
Contributi di Raffaele De Grada, Flavio Arensi, Carlo Ghielmetti, Gianfranco Giuliani, Mosè Visconti, Gianni Pozzi.

06/16/2006

Editoriale
Focus
Economia
Inchieste
L'opinione
Territorio

Politica
Vita associativa
Formazione
Case History
Università
Storia dell'industria
Natura
Arte
Cultura
Costume
Musei
In libreria
Abbonamenti
Pubblicità
Numeri precedenti

 
Inizio pagina  
   
Copyright Varesefocus
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
another website made in univa