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Radicati sul territorio per competere nella globalità

All'assemblea generale dell'Unione Industriali è emersa l'importanza che l'industria abbia un ruolo attivo nella promozione del territorio, nell'economia, ma anche nella società.

La competitività territoriale come fattore vincente per uscire dalle forche caudine delle difficoltà in cui da anni si trova il sistema economico. Questa non solo l'indicazione, ma anche l'impegno diretto che è scaturito dall'assemblea dell'Unione Industriali dove sulla relazione del presidente Marino Vago si sono confrontati tre protagonisti dei sistemi economici più vicini a quello lombardo.
E dalle parole di Nicola Tognana, Andrea Pininfarina, Luca Cordero di Montezemolo sono emerse con chiarezza le tante facce di una stessa medaglia: nel grande fiume della trasformazione industriale gli argini che possono garantire maggiormente il cammino sono quelli formati dal radicamento nel territorio, un radicamento che non è in contraddizione, ma è uno dei fattori vincenti per adeguarsi costantemente alle esigenze della globalità.
La consonanza di fondo dei tre "invitati" non è stata palesemente un atto dovuto, una semplice cortesia verso il padrone di casa: in quelle parole si è potuto avvertire infatti la stessa soddisfatta attenzione che si ha quando qualcosa di atteso si realizza. E allora, come ha fatto MarinoVago, l'affermare che nel DNA dell'impresa c'è la crescita, lo sviluppo, la creazione di posti di lavoro vuol dire riporre al centro quello che un modernismo un po' alla moda tende a rifiutare, e cioè che la responsabilità dell'imprenditore sia quello di fare il suo dovere: produrre, innovare, fare profitti, investire.
E per raggiungere questi obiettivi l'imprenditore non ha timore di chiedere che anche tutti gli altri facciano la loro parte: con in prima fila i politici e gli amministratori che hanno scelto di porsi al servizio della collettività mettendo in opera tutti quei fattori che possono rispondere all'interesse collettivo.
La forte richiesta di infrastrutture, l'esigenza di offrire al sistema economico uno scenario di efficienza diventa così qualcosa che esce dallo schema rituale delle "suppliche" ai politici per diventare un richiamo esplicito alla responsabilità: è proprio la dimensione della responsabilità quella che balza maggiormente in rilievo di fronte alle opportunità, ma anche ai vincoli dello scenario di difficoltà e di incertezze che le imprese si trovano ad affrontare.
Nei tre interventi che hanno fatto seguito alle parole del nuovo presidente Alberto Ribolla e del presidente uscente Marino Vago è così rimbalzata una visione profondamente realistica, che non si nasconde le difficoltà, ma che sa che prima di dare le risposte giuste bisogna porsi i problemi giusti. In questo senso sottolineare i ritardi strutturali non vuol dire cercare delle scusanti per quello che non si riesce a fare, ma sentire l'amarezza di avere delle potenzialità che non riescono ad esprimersi in maniera compiuta.
E così, come ha sottolineato Nicola Tognana, bisogna avere il coraggio di cambiare il modo di rapportarsi con la realtà perché la società e l'economia sono profondamente cambiate. E allo stesso modo, ha precisato Andrea Pininfarina, bisogna aver la fiducia nel ruolo dell'impresa e l'esperienza di Torino dimostra come ci possano essere sbocchi complessivamente positivi anche nelle grandi ristrutturazioni. E, come ha ricordato Luca Cordero di Montezemolo, l'impresa italiana può riprendere la strada della crescita se manterrà la volontà di esprimere un indispensabile gioco di squadra.
Il filo conduttore diventa così con estrema chiarezza quello di un'impresa che vuole recuperare tutta la sua presenza, nella produzione così come nella dovuta rappresentanza degli interessi, nella capacità di innovazione così come nella giusta spinta alla crescita complessiva della società.
Un ruolo e una premessa importante soprattutto in una fase come l'attuale dove più che di sviluppo si parla di deflazione, dove c'è il pericolo concreto di una pesante crisi dei modelli di welfare, dove le tensioni politiche rischiano, non solo a livello internazionale, ma anche a livello interno, di frenare ancora di più il passo alla strategia delle riforme.
La forza della responsabilità può così diventare il modo per rispondere alla società dell'incertezza, un modo per ricordare come l'economia di mercato non sia solo l'economia della domanda, ma anche il luogo dove si può esprimere con tutta la sua forza l'economia dell'offerta e quindi quell'iniziativa privata che costruisce la vera ricchezza delle società "occidentali". E' significativo che proprio in questa fase, in un momento in cui i tradizionali punti di riferimento stanno profondamente cambiando vi sia la voglia e la forza di riprendere un percorso di crescita.
E, come ha sottolineato Marino Vago, se è vero che una realtà come la provincia di Varese è già profondamente nell'era post-industriale, è altrettanto vero che soprattutto in questa fase bisogna superare quello che può essere considerato anti-industriale. E sono ancora molto forti le tentazioni di considerare l'industria come un dato di fatto, come una dimensione comunque presente, come una realtà che è già potente di per sé e che quindi non ha bisogno di ottenere condizioni particolari.
E ancora proprio nell'età dell'incertezza tuttavia non può che risaltare il dato essenziale dell'essere industria: la capacità di trasformare e di organizzare, la vocazione a valorizzare le risorse e a gestire anche i momenti di difficoltà. La piccola impresa così come gli enti locali, la Regione, gli Stati, le organizzazioni della globalità hanno bisogno di "Governo", non per seguire un condottiero, ma per avere le regole e gli strumenti perché la competizione avvenga in campo aperto riconoscendo ad ognuno le stesse possibilità di partenza. E così le infrastrutture sono come le buone leggi: possono garantire che tutti i protagonisti si possano muovere sul mercato con la stessa efficacia.
Con un ultima sottolineatura. Il dato di fondo dell'assemblea è stata la convinzione di avere la forza, i mezzi e la volontà per riprendere un cammino di crescita, per ridare anche sotto la dimensione della qualità, contenuti nuovi allo sviluppo economico. E questo senza il timore di sottolineare, sulla linea del grande teorico del capitalismo Adamo Smith, che il perseguimento dell'interesse privato costruisce il benessere collettivo. E quindi che la crescita della propria impresa è il traino allo sviluppo delle altre imprese, che il rafforzamento del Nord è un motore necessario anche allo sviluppo del Sud, che in un sistema economico tanto più il mercato è aperto e senza ostacoli tanto più possono essere valorizzate le risorse di tutti e le vocazioni di ciascuno.

05/29/2003

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