Varesefocus.
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
Varesefocus

 
 

La fabbrica delle case

Si collocano tra la fine dell'Ottocento e la metà del Novecento i primi interventi in campo residenziale favoriti o realizzati dagli imprenditori per i propri operai. La nascita di veri e propri modelli architettonici ed urbanistici, che hanno svolto un'importante funzione sociale.

"Era seguito da tutti, fino a pochi anni orsono, il sistema di fabbricare case grandi, a più piani, capaci di contenere 10 e fino 20 famiglie: questo era un errore. Si facevano delle caserme, non delle case, in cui il pianto dei bambini, i pettegolezzi delle donne, i rumori d'ogni genere interrompono continuamente la quiete necessaria al riposo, e la vita si fa quasi in comune, con grave pericolo della moralità e della pace domestica, la troppa vicinanza della famiglie ingenera malumori… la casa operaia modello deve contenere una sola famiglia ed essere circondata da un piccolo orto, separata da ogni comunione con altri" (Silvio Benigno Crespi, "Dei mezzi per prevenire gli infortuni e garantire la vita e la salute degli operai nell'industria del cotone in Italia", 1894).
Passata la prima fase di insediamento industriale, dopo il 1850 e dopo i "gran tour" che i figli dei primi imprenditori si sobbarcavano nelle regioni più industrializzate del nord Europa, sorsero i primi interventi in campo residenziale favoriti o realizzati dagli stessi industriali.
Agli albori dell'industrializzazione della nostra zona furono costruiti, dunque, le grandi case operaie, i dormitori e gli orfanotrofi, in particolare per la manodopera femminile. Figure, però, come quelle dei Crespi, dei Tosi, dei Candiani, dei Cantoni e dei Ponti, dei Bellora e dei Majno, ben presto intuirono che all'innalzarsi del livello economico degli addetti ai loro stabilimenti, corrispondeva anche una diversa esigenza nel settore della casa.
Nacquero, pertanto, iniziative specifiche nel settore residenziale che, grosso modo, occuparono un arco temporale di circa sette decenni, tra la fine dell'Ottocento e gli anni '60 del XX secolo.
E' possibile suddividere gli interventi della classe imprenditoriale nel campo della realizzazione delle abitazioni per i propri dipendenti in due grandi filoni concettuali:

  • il primo teso alla realizzazione di complessi abitativi autoreferenziati (con un termine moderno: quartieri satellite);
  • il secondo più portato all'inserimento diffuso degli interventi entro il tessuto cittadino o nel suo immediato ridosso.
Appartengono al primo ambito i villaggi operai di "Crespi d'Adda", quello di Collegno e quello di Villadossola.
Ben articolata dal punto di vista urbanistico appare la progettazione del complesso "Crespi d'Adda": esso fu pensato e realizzato dal bustocco Cristoforo Crespi in comune di Capriate San Gervaso.
L'iniziativa industriale ha inizio nel 1878 e ben presto si innalzano i primi "palasòc" per l'alloggio delle maestranze.
I primi interventi nei pressi dell'installazione produttiva sono ancora legati al filone dell'iniziativa di tipo assistenziale ma, con l'arrivo di Silvio Crespi, si dà attuazione ad un piano di sviluppo differenziato. Con esso si "pianifica" tutto un ampio tratto di territorio chiuso entro un'ansa dell'Adda: il progetto, omnicomprensivo, colloca gli opifici, la dimora padronale, le casette operaie, le ville ed i villini per impiegati e dirigenti ma anche le scuole, il campo sportivo, le aree a verde, i bagni, il lavatoio e l'ambulatorio; accanto a questi servizi si realizzano anche la chiesa, il dopolavoro e la cooperativa.
Il piano urbanistico è di una razionalità disarmante, basato su un reticolo geometrico ben definito che gioca tutto su un asse centrale dal quale si dipartono le vie secondarie.
Secondo un "tipo" che troverà notevole seguito, le case, di qualsiasi livello, sono dotate di un appezzamento verde che viene destinato a orto, a giardino o a parco secondo la destinazione funzionale.
Anche le case operaie (villini a due piani) sono ben studiate dal punto di vista architettonico e tipologico e si permettono anche alcune decorazioni in laterizio che ben caratterizzano l'intervento.
Da segnalare una curiosità: la chiesa (innalzata tra il 1891 ed il 1893) è copia identica della bramantesca Chiesa di S. Maria di Piazza di Busto Arsizio.
Il villaggio Leumann nasce quale complemento del "Cotonificio Leumann" di Collegno (To) e la data della sua fondazione è fissabile nel 1892. I lavori di ampliamento e di completamento si protraggono fino al 1914 e comprendono le abitazioni vere e proprie degli operai, la chiesa, lo spaccio, il convitto femminile, due scuole, un teatro, l'ambulatorio, la mensa, l'ufficio postale e la stazione ferroviaria di collegamento con Torino.
La progettazione unitaria è dell'arch. Fenoglio ed il complesso ha mantenuto pressoché intatte le sue strutture che sono visibili ancor oggi.
Il quartiere occupa una superficie di circa 60.000 mq e viene pensato quale somma di due comprensori di case a due piani, aventi dimensioni contenute ma organicamente disposte secondo uno schema in linea molto semplice e razionale.
Villadossola appare ancor oggi nel suo assetto completo: il villaggio si pone a lato sinistro della strada statale del Sempione per quanti, uscendo dal centro di Villadossola, si dirigono verso Domodossola. Anche in questo caso l'impianto urbanistico è semplice, basato su un lungo asse centrale (parallelo al Sempione) tagliato in due dalla piazza. Su questa si affaccia la chiesa del villaggio ma anche un duplice complesso porticato entro i cui corpi trovano sede le attività collettive dell'insediamento (dopolavoro, spaccio, negozi); due controviali secondari replicano l'andamento del viale principale consentendo la realizzazione di quattro file di abitazioni. Queste, dal tipico gusto eclettico, riprendono una serie di elementi comuni, così che ville singole, villette bifamiliari, palazzine plurifamiliari risultano come una "evoluzione" naturale del progetto di comune di base.
Il complesso, pienamente funzionante, è stato recentemente restaurato a cura del locale Istituto per le Case Popolari.
Prima di far cenno ad interventi singoli, corre l'obbligo di ricordare l'impegno di Pasquale Borghi nel comune di Varano. Non si può più parlare, in questo caso, di un insediamento "concluso" in se stesso ma, certamente, la collocazione dei manufatti residenziali parte da un disegno che vede, accanto alla realizzazione della filatura meccanica (1819), la costruzione di un primo nucleo compatto di case in stile eclettico, di una chiesa in stile gotico lombardo (progetto di Cesa Bianchi) e di una serie di opere complementari.
Le case operaie si allineano in due corpi di fabbrica paralleli che si ergono su tre piani e sono caratterizzati da avancorpi in mattone a vista con "ricche" decorazioni che si ritrovano anche sulle facciate lineari opposte. Su queste il gioco degli archi e delle ghiere in laterizio a vista si staglia sui pieni degli intonachi chiari. Archetti pensili e bifore ripropongono (rivisti e ridisegnati) temi e stilemi di fine Ottocento.
Per altri versi, poi, non possono essere passati sotto silenzio gli interventi di Legnano: in questa città si assiste al passaggio dal "villaggio" operaio alla realizzazione degli insediamenti sparsi.
Tra il 1880 ed il 1930 la sola "Stamperia De Angeli-Frua" realizza qualcosa come 423 vani nella città del Carroccio ma, accanto a questi, debbono essere segnalate le iniziative Tosi, Cantoni, Dell'Acqua.
L'insieme edilizio presente in Legnano è quasi un "campionario tipologico", poiché si passa dal dormitorio al villino semplice per giungere, attraverso la casa operaia, fino alla villa riservata alla dirigenza, senza dimenticare la costruzione di mense, asili, scuole, ambulatori, spacci, cooperative, dopolavoro.
Mantiene ancora l'impostazione del "quartiere satellite" l'insediamento Tosi di via XXIX maggio che, impostato agli inizi del secolo su case mono e bifamiliari con orto e giardino, viene completato negli anni '60 con la costruzione di palazzi condominiali pluripiano.
Analizzando gli interventi del secondo tipo, quelli cioè maggiormente frazionati entro il tessuto cittadino, richiamati brevemente e nuovamente le esperienze legnanesi, si debbono segnalare, per la linearità e la coerenza dell'intervento, le "case Majno" di Cascinetta di Gallarate: su via Riva, infatti, si allineano, con molta dignità, alcune case a schiera che si elevano su due piani. Anche se - al tempo della costruzione - furono realizzate in aperta campagna, nell'immediato ridosso degli stabilimenti, la loro composizione tipologica fu tale da definire, con immediatezza, un ambiente urbano ben caratterizzato. I due piani fuori terra riprendono i tipi dell'edificio signorile con un piano terra caratterizzato da un intonaco lavorato, segnato dal portone di accesso, ed un piano superiore trattato ad intonaco liscio che - con il balcone che, simmetricamente, scandisce la facciata - richiama ben più aulici e nobili esempi architettonici.
Sempre a Gallarate, qualche centinaio di metri più in là, ma di qualche decennio successivo, si incontrano gli interventi legati all'impresa Carminati. In questo caso le operazioni si articolano sia con tipi che con tempi diversi: verso la strada provinciale si realizzano "case condominiali" che risultano essere una pregevole evoluzione delle case a ballatoio di metà Ottocento, mentre, alle spalle di queste, in zona più tranquilla, vengono erette palazzine di tre piani, del tipo isolato, collocate entro un comprensorio verde ben dimensionato.
Quale ultimo esempio, risalendo negli anni ma senza esaurire assolutamente l'elencazione degli interventi attuati, citiamo le "case Solbiati" di Busto Arsizio, nei pressi del Santuario della Madonna della Veroncora. Qui, lungo la via centrale che si stacca dalla viabilità storica cittadina, si allineano casette a schiera di due piani, con orti e giardinetti. La composizione urbanistica non si affida alla perfetta resa speculare, ma introduce lungo l'asse di simmetria, costituito dalla strada, una variante: a destra la linea degli edifici è preceduta da un piccolo tratto verde, a sinistra i manufatti si dispongono direttamente sulla via, a formare una "cortina" architettonica continua. Il complesso, oggetto di cure attente da parte degli attuali occupanti, dimostra ancora la bontà del progetto originario che, pur con le limitazioni immaginabili di bilancio, riusciva - in ogni caso - a staccarsi nettamente dal "sottobosco" edilizio che ha caratterizzato gli anni '50 del XX secolo.
Per concludere, difetti e problemi sicuramente avranno preceduto, accompagnato e seguito la realizzazione di tutte queste abitazioni; interessi mercantili si saranno certamente mescolati - scientemente o meno - entro intraprese di questo genere, ma indubbiamente qualche problema non secondario di abitazione venne risolto nel momento della costruzione e dell'assegnazione; qualche problema, a chi lavorava nelle fabbriche, venne evitato nel corso degli anni; qualche problema è stato risolto anche recentemente quando, dismesse le attività imprenditoriali originarie, il patrimonio residenziale legato alle fabbriche venne lasciato al riscatto degli inquilini ed essi poterono entrare in possesso definitivo delle loro abitazioni a prezzi che, sicuramente, non avevano nulla a che vedere con i costi di mercato.
Davvero, un intervento di rilievo nel sociale.

09/13/2001

Editoriale
Focus
Economia
Inchieste
L'opinione
Territorio

Politica
Vita associativa
Formazione
Case History
Università
Storia dell'industria
Natura
Arte
Cultura
Costume
Musei
In libreria
Abbonamenti
Pubblicità
Numeri precedenti

 
Inizio pagina  
   
Copyright Varesefocus
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
another website made in univa