Varesefocus.
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
Varesefocus

 
 

Riapre il Museo Baroffio al Sacro Monte

Una raccolta eterogenea di opere dal Quattrocento ai nostri giorni, in un museo restaurato, raccolto, raffinato e luminoso. Il prezioso recupero di un patrimonio inestimabile di arte e di fede.

C'è una nuova, entusiasmante meta sul suggestivo cocuzzolo della montagna varesina, un nuovo biglietto da visita pronto ad accogliere il visitatore: è il " Museo Baroffio e del Santuario del Sacro Monte". Nato nel corso del secolo passato dalla fusione delle preesistenti raccolte contenute nei due musei sacromontini del Santuario e Baroffio, e arricchito nel tempo da donazioni minori come quelle dell'ingegner Luigi Riva, di monsignor Luigi Lanella e dell'avvocato Angelo Minazzi, ha riaperto i battenti a metà dello scorso dicembre, dopo anni di lavori voluti dall'Amministrazione del Santuario e sostenuti finanziariamente in parte anche dalla Regione Lombardia. L'impressione è quella di un restauro rispettoso e sapiente, di un museo raccolto, raffinato e luminoso. E di un ulteriore passo in avanti nel recupero di un inestimabile patrimonio di arte e di fede intrapreso vent'anni or sono da Monsignor Macchi, vero artefice del rilancio della Via Sacra e della montagna varesina.
La sede museale rimane quella della villa, inaugurata nel 1936 dal Cardinal Schuster, progettata all'inizio degli anni Trenta da Ludovico Pogliaghi e dall'architetto Ulderico Tononi sul terreno, vicino al santuario, donato dall'arciprete don Costantino Del Frate per dar corpo al sogno del barone collezionista Giuseppe Baroffio dell'Aglio. Il Baroffio aveva fatto dono alla parrocchia di una cospicua somma e della sua raccolta d'arte perché si provvedesse a conservare in un'unica sede la sua collezione e quella già appartenente al Santuario, che era custodita dal 1899 in tre locali della canonica, secondo un allestimento dello stesso Pogliaghi, e consisteva di alcuni importanti reperti riguardanti le vicende storiche della Basilica oltre che di preziose donazioni di età sforzesca. Segni tangibili, queste ultime, della devozione e considerazione dei Signori di Milano verso il più importante santuario mariano del ducato.
Le persone e le vicende ricordate sarebbero dunque già di per sé sufficienti a suscitare la curiosità attorno a questo edificio che guarda dall'alto della montagna sull'incantevole panorama. Ma il recente restauro, realizzato dall'architetto Ernesto Brivio, un lavoro non semplice che ha richiesto tempi lunghi, competenza e pazienza, permette ora al visitatore di gustare tutta la suggestiva offerta di un museo curato nei particolari, privo di barriere architettoniche, dotato di ogni strumentazione utile a rilevare la ottimale conservazione del suo patrimonio, atto infine a farsi luogo di iniziative culturali legate alla storia del Sacro Monte. All'interno dell'eterogenea raccolta del patrimonio Baroffio, un collezionismo più "dettato dal cuore" che dal rigore metodologico, è stata operata, sulla base di una selezione ragionata, la scelta dei pezzi più rappresentativi dal punto di vista artistico e storico. L'esposizione occupa al momento solo cinque delle otto sale ottenute sui tre livelli dell'edificio, ma nuove opere, fino ad ora rimaste nell'ombra, verranno ad aggiungersi presto. E' tra l'altro previsto l'allestimento di una galleria storica al piano superiore dell'edificio, ove sarà raccontata - con reperti lapidei, didascalie, grafici e fotografie - la storia del Santuario e della Fabbrica del Rosario. Particolarmente ricca appare la quadreria del Museo, che trova collocazione non seguendo un percorso monografico o tematico, ma secondo un percorso logico di carattere cronologico, che parte dal quattrocento e arriva ai nostri giorni: vanta, tra le tante opere presenti, un San Gerolamo e un Sant'Antonio di scuola lombarda quattrocentesca, una Deposizione di Cristo di un tardo seguace di Roberto Campin, una Adorazione dei Magi, copia in controparte da Hugo Van der Goes, una Battaglia del Borgognone, una bella visitazione di Camillo Procaccini, tele di scuola fiamminga come Giocatori di carte dell'ambito di David Tenier il giovane, e anche due tavole di Antonio Magatti: i soggetti magattiani sono qui La morte del giusto e La preghiera, in cui si invoca la Madonna Addolorata della Basilica di San Vittore.
Particolarmente interessanti anche i reperti provenienti dal Santuario: sculture romaniche, come il rilievo lapideo della Vergine con Bambino, realizzato da Domenico e Lanfranco di Ligurno, attivi nel 1196, scelto quale "logo" del Museo, e la sezione di arco con racemi, entrambi provenienti dal portale d'accesso alla Basilica, alcuni paliotti, come il paliotto detto leonardesco, ricamato in rilievo e recante al centro la Vergine delle Rocce, ispirata al dipinto leonardesco, e il cui cartone potrebbe essere attribuito a Giovanni Ambrogio de' Predis, il pulpito del XVII secolo perfettamente restaurato proveniente dal Santuario. Ma la vera novità del nuovo museo è rappresentata dalla Sala V, o Sala Grande, il cui allestimento è stato espressamente voluto da Monsignor Pasquale Macchi.
Si tratta di un omaggio dell'arte contemporanea alla Madonna, una vera e propria mostra mariana perenne, contenente opere di Dina Belotti, Floriano Bodini, Bernard Buffet, Corrado Cagli, Domenico Cantatore, Aldo Carpi, Primo Conti, Luigi Filocamo, Renato Guttuso, Trento Longaretti, Enrico Manfrini, Henri Matisse, Luciano Minguzzi, Giuseppe Montanari e di altri artisti contemporanei, ed è destinata, come del resto le altre sale del museo, ad accogliere nuove opere sul tema.
Notevoli anche i tre codici, di raro pregio, già patrimonio del Santuario, di cui due sono ancora in fase di restauro. Il più prezioso, un corale ambrosiano miniato commissionato dal vescovo di Piacenza monsignor Marliani e donato dallo stesso alla Basilica di Santa Maria del Monte.
E' opera della maturità di Cristoforo de' Predis, fratello di quel già citato Giovanni Ambrogio, noto come miniaturista di corte degli Sforza.

Orario invernale : giovedì, sabato e domenica ore 9.30/12.30-14.00/16.00
Da aprile a settembre: ore 9.30/12.30-15.00/18.00
Chiuso dalla metà di gennaio alla metà di marzo per riposo invernale.

01/18/2002

Editoriale
Focus
Economia
Inchieste
L'opinione
Territorio

Politica
Vita associativa
Formazione
Case History
Università
Storia dell'industria
Natura
Arte
Cultura
Costume
Musei
In libreria
Abbonamenti
Pubblicità
Numeri precedenti

 
Inizio pagina  
   
Copyright Varesefocus
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
another website made in univa