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A spasso lungo l'Ipposidra

…si scopre che i sentieri della brughiera intorno a Malpensa sono carichi di storia: dalle scoperte del XVIII secolo nella misurazione della Terra, a Carlo Cattaneo, all'occupazione tedesca.


Una passeggiata lungo i sentieri della brughiera intorno a Malpensa è una cosa abbastanza comune, soprattutto per la gente del luogo amante della natura o, in autunno, per i cacciatori che ancora non hanno perso le speranze. Tra i tanti itinerari possibili, seguendo le numerose carrarecce che si snodano tra i comuni di Casorate Sempione, Somma Lombardo, Vizzola Ticino, Lonate Pozzolo, Ferno e Cardano al Campo, ce n'è uno breve che, oltre all'opportunità di trovarsi immersi nella natura a quattro passi dai centri abitati, ha un motivo in più per essere percorso: è un sentiero carico di storia. E che storia: stiamo parlando delle scoperte del XVIII secolo nella misurazione della Terra, di Carlo Cattaneo e dell'occupazione tedesca. Ci accompagnano nella gita le descrizioni contenute in una bella pubblicazione intitolata "Un trekking da Cardano al Campo al Ticino", realizzata dagli alunni e dai docenti della scuola media statale di Cardano, uno dei paesi della brughiera.
La base geodetica
La nostra passeggiata in brughiera inizia dalla Cascina Mazzafame, posta lungo la strada che da Somma Lombardo porta alla frazione Casenuove, a ridosso dell'aeroporto di Malpensa, all'altezza della Trattoria dei Cacciatori. Questa cascina risale al 1888, ma già agli albori del XVII secolo esisteva un insediamento agricolo fondato dai Visconti. Prende il nome dal fatto che vi era una locanda presso la quale i viandanti, sempre più numerosi per l'incremento dei traffici tra la zona del Lago Maggiore e quelle del Novarese e del Magentino, potevano "ammazzare la fame" prima di riprendere il viaggio.
Su un lato della Cascina si snoda una stradina sterrata che si infila nel bosco. Tenendo la sinistra, la strada prende una leggera salita fino ai ruderi di un ponte (su cui torneremo in seguito), oltrepassato il quale si prolunga fino ad arrivare al centro di equitazione S. Giorgio. Qui, se si è fortunati, si possono ammirare la domenica pomeriggio cavalli e cavallerizzi in gara. All'interno dell'area dove giostrano i nobili animali e facendo attenzione a non farsi travolgere da quelli al galoppo, si giunge ad uno strano manufatto che sembra un monumento, ma non lo è. Una piccola piramide collocata su un basamento cubico, in granito di Baveno. E' una base geodetica, uno dei punti di riferimento per la misurazione dell'orbe terrarum. Fu eretta nel 1833 a ricordo di un gruppo di astronomi milanesi che iniziando nel 1788 misurarono, proprio dal punto in cui si trova la piramide, un arco di meridiano, o sottomeridiano di Greenwich, base di partenza per l'elaborazione di una carta del territorio lombardo, perfetta nelle misure e di moderna concezione. Quest'arco viene a definire una base geodetica, cioè una linea misurata sul terreno con la massima precisione, e costituisce il lato fondamentale della triangolazione trigonometrica, attraverso la quale si possono conoscere le esatte misure dei territori osservati.
L'esigenza di basi geodetiche fu avvertita dai cartografi nel XVII secolo e, dopo vari tentativi compiuti da molti, tre Padri Barnabiti - Oriani, De Cesaris e Raggi - riuscirono a mettere a punto un sistema di misurazione quasi perfetto e ottennero dall'Imperatore d'Austria Giuseppe II l'incarico di misurare la prima base geodetica del territorio lombardo. Più tardi, con il passare degli anni, furono individuate altre sette basi geodetiche distribuite in tutta la penisola, che permisero di mappare l'intero Paese.
L'Ipposidra
Ritorniamo sui nostri passi verso i ruderi del ponte e chiediamoci: che ci faceva un ponte nel bosco? Il ponte, in realtà un sovrapasso, non l'unico del genere, stava lì perché c'era un dislivello da coprire e due strade che si incrociavano in corrispondenza del dislivello. Strano, si dirà (Gulp!) che ciò accada in un bosco, dove solitamente i sentieri seguono l'andamento del terreno. E già, è così perché una delle due strade correva su un pendio artificiale. Era una strada ferrata. Gulp!, doppio Gulp! Mai sentito che ci fosse una ferrovia nella brughiera. Non era una ferrovia, era l'Ipposidra. Gulp!, triplo Gulp! Che diamine mai è questa?
L'Ipposidra è un'invenzione di Carlo Cattaneo. I trasporti fluviali lungo il Ticino e i canali derivati, si sa, sono sempre stati un vanto del ducato di Milano. Da Sesto Calende a Tornavento, con il favore della corrente, si impiegavano 90 minuti e da Tornavento a Milano 8-9 ore. In senso inverso, andando controcorrente, si formavano convogli di barche che venivano trainate da cavalli lungo le sponde. Prima della costruzione della strada alzaia, da Milano a Tornavento occorrevano 15 giorni. In seguito, ne occorsero solo 3, ma il tratto da Tornavento a Sesto Calende continuava a presentare grandi problemi per la forte pendenza e le numerose
rapide. Così Carlo Cattaneo, che era anche studioso di trasporti, progettò un sistema che prevedeva, a Tornavento, il caricamento delle imbarcazioni su carri trainati da cavalli che si muovevano lungo una via ferrata a binari realizzata nella brughiera, sino a Sesto, dove le barche venivano calate in acqua. L'opera venne realizzata con il concorso di notabili della zona.
Nel 1844 venne costituita la società che arrivò a contare 84 soci. Il preventivo di investimento fu di quasi 1.700.000 lire austriache, pari a oltre 7 miliardi attuali. Il
primo esperimento di traino fu eseguito il 9 febbraio 1858. Dopo soli 7 anni di attività, la società dell'Ipposidra - che prende il nome dalla combinazione dei termini
greci indicanti cavallo e acqua - fallì, complice l'apertura, nel 1865, delle ferrovie Arona-Novara e Milano-Sesto Calende che vennero utilizzate anche per il traffico merci e che sottrassero quindi molto carico alla navigazione fluviale.
La pista dei tedeschi
Dall'equitazione S. Giorgio al ponte dell'Ipposidra, in realtà, si può arrivare con un percorso leggermente più lungo, seguendo la "pista dei tedeschi", un lungo
nastro di cemento che attraversa la brughiera da Casorate Sempione fino quasi a Malpensa. La pista collegava gli aeroporti di Lonate Pozzolo e di Malpensa, ma serviva anche per nascondere nel bosco gli aerei, che venivano protetti altresì con opere difensive costruite ai bordi della pista
medesima, trincee e paraschegge. La pista era stata minata ed era pronta a saltare in previsione di un'eventuale ritirata.
Si cammina seguendo la pista fino all'incrocio dove un cartello appeso ad un tronco indica "Strada comunale del Bozzone". Qui si prende a destra e si raggiunge di nuovo il ponte dell'Ipposidra.


Tiro al piattello…
Ripresa l'auto (o la bicicletta, o qualunque altro mezzo di locomozione abbiate usato, tranne l'Ipposidra), potete andare a rifocillarvi dopo la scampagnata al ristorante "La Quercia" di Casenuove di Somma Lombardo (tel. 0331 230808), dove tra le specialità della casa figura il bollito misto a mezzogiorno e il controfiletto all'aceto balsamico alla sera.
Oppure potete dirigervi a Cardano al Campo e sedervi ai tavoli della trattoria "Tiro a volo" annessa all'impianto del tiro al piattello, in via Giovanni XXIII n. 241 (tel. 0331 261495) o anche alla trattoria Concorde di Castelnovate, in via Mazzini 2 (tel. 0331 230839), nelle quali è possibile degustare, su prenotazione, un piatto tipico locale:
…lepre in salmì
E' arrivato l'autunno! La riproduzione della specie, nel nostro caso la lepre, è compiuta ed è quindi possibile riaprire la caccia senza che si verifichi il rischio dell'estinzione del selvatico. La brughiera ed i cacciatori entrano in simbiosi e la selvaggina più grossa, che un tempo era prerogativa dei signori, cade sotto i colpi di fucile degli appassionati. Oggi la preda più grossa, e quindi più ambita da coloro che praticano lo sport della caccia nei nostri boschi e nella nostra brughiera, è proprio la lepre. Ambita anche per fini gastronomici continuando una tradizione che risale al medioevo quando la cacciagione era, sulla mensa dei signorotti, la portata più importante. La ricetta che serve per cucinare la lepre in salmì (ricetta di sicure origini lombarde), risale ai tempi nei quali la conservazione degli alimenti, e delle carni in particolare, era difficile e quindi l'afrore insito nella selvaggia lepre unito all'odore provocato dalla inevitabile frollatura (la carne della lepre è piuttosto consistente) costringeva i cuochi delle mense importanti a far macerare la lepre, fatta a pezzi, in un vino corposo facendo uso abbondante di spezie. Ed ecco la lepre in salmì che possiamo gustare, nella stagione adatta, nelle nostre trattorie e nei nostri ristoranti.
Piero Colombo

11/15/2001

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