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Giorgetti: "Aiutare la domanda per evitare la crisi"

Il presidente della Commissione Bilancio della Camera: "Una Finanziaria che chiama in causa il senso di responsabilità di tutti quanti". Attuare il Patto per l'Italia condizione per il rilancio del Paese.

E' un politico sotto pressione: la Legge Finanziaria 2003 del Governo Berlusconi - una manovra da 22 miliardi d'euro strutturata in 19 articoli - nella definizione dei suoi principi fondamentali passa dall'ufficio del presidente della Commissione Bilancio della Camera, il varesino Giancarlo Giorgetti.
Ed è una Finanziaria che giunge in un momento quanto mai poco propizio: i timidi segnali di ripresa apparsi prima dell'estate sono già stati spenti dalla dura realtà della stagnazione economica. Perché è questa la situazione di un Paese dove quest'anno tutte le previsioni di crescita del Pil (Prodotto interno lordo) si sono via, via dovute adeguare al ribasso partendo dal +2,3% della Finanziaria del settembre 2001 fino al +1,3% che ancora indicava l'Esecutivo nel Dpef (Documento di programmazione economica) di luglio e al +0,6% delle ultime settimane.
Onorevole Giorgetti, il Governo continua a dire di voler mantenere gli impegni del Patto per l'Italia, ma di fronte a questa situazione com'è possibile trovare le risorse per la sua applicazione? "Guardi, se non si concretizza il Patto per l'Italia non vedo come si possa pensare di innalzare il Pil in modo strutturale. Certo, per raggiungere quest'obiettivo occorre anche un'interpretazione più flessibile degli accordi europei, almeno nell'attuale periodo di difficoltà economica. Il Governo farà di tutto per rispettare l'obiettivo di deficit: bisogna però saper guardare al di là del mero dato numerico. E mi sembra che in tal senso la sensibilità stia crescendo un po' in tutto il Vecchio Continente...". L'idea forte per cui la maggioranza è stata premiata dagli elettori era quella di ridurre la pressione fiscale e rilanciare gli investimenti. Oggi la crescita si ferma allo 0,6%... "Ci sono due ragionamenti da affrontare. Il primo è che bisogna creare le condizioni strutturali perché l'Italia possa esprimere appieno la sua capacità produttiva: vuol dire riformare il mercato del lavoro, il sistema fiscale... Alcuni di questi progetti stanno già diventando realtà, con la relativa legislazione; altri lo saranno presto.
Sul piano congiunturale, invece, si tratta di aiutare la domanda. I consumi sono crollati, anche a causa di un clima di sfiducia che si respira a livello internazionale.
Ci stiamo allora chiedendo quali siano gli strumenti, compatibili con la normativa europea, per rilanciare la domanda sul versante privato oltre che su quello pubblico".
Parliamo di fiscalità a carico delle imprese: da una parte si parla di ridurre l'Irpeg, dall'altra viene soppressa la Dit. Non è un atteggiamento contraddittorio?
"Non lo penso affatto. Noi vogliamo una riforma fiscale complessiva, che razionalizzi un sistema adesso confuso quanto mai.
E' vero: razionalizzando, si fa 'giustizia sommaria' di tutto l'esistente. La Dit in ogni modo sarà sostituita da altri strumenti, a nostro giudizio più adeguati.
Si godrà di una diminuzione dell'aliquota fiscale complessiva, che varrà per tutti: cittadini e imprese".
Il concordato fiscale: uno strumento vecchio, che ci si augurava di non dover veder più. E invece...
"E invece in Italia, purtroppo, è ancora attuale. Perlomeno adesso, in un momento storico in cui stiamo traghettando il Paese verso un nuovo sistema fiscale. Meglio allora permettere a tutti di tagliare di netto con il passato per poi ripartire da zero".
Un altro oggetto di perplessità: il decreto blocca spese. Ma non c'erano già prima degli accorgimenti adeguati?
"Gli accorgimenti c'erano e ci sono: anche la mia Commissione svolge un significativo ruolo di filtro.
C'è però una grande preoccupazione per la Sanità con il suo perverso sistema regional-nazionale che fa sfondare i budget. Ecco perché ritengo opportuno un meccanismo ex-post che s'affianchi a quelli esistenti".
Proprio lei, però, ha sollecitato un miglioramento di questo decreto...
"Non si può lasciare tutto il potere decisionale alla Ragioneria dello Stato piuttosto che al Ministero dell'Economia. E se un domani i rispettivi titolari non fossero, al contrario di oggi, delle persone illuminate?
Bisogna allora trovare il modo di coinvolgere gli eletti dal popolo: il Parlamento".
Anche il paventato taglio delle opere pubbliche merita qualche riflessione...
"Una corretta operazione per eliminare i residui passivi che, però, rischia di spazzar via qualche opera pubblica che, dopo anni d'attesa, è finalmente sul punto di decollare.
Bisogna allora pensare a una disciplina transitoria che permetta di salvare il principio senza rinunciare alle opere".
Chiudiamo con la Finanziaria 2003: ancora una volta "lacrime e sangue" per gli italiani?
"Direi una Finanziaria che chiama in causa il senso di responsabilità di tutti: in un periodo di caduta del ciclo economico qualche sacrificio è necessario.
Basterà, comunque, rispondere in modo intelligente a questa situazione difficile per poi, con le riforme avviate, rilanciare insieme il Paese".

09/25/2002

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