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Torri, galletti e biscioni

Tra aquile e serpenti, torri e draghi, scudi e galletti, da questo numero di Varesefocus partiamo alla scoperta della poco conosciuta ricchezza di documentazioni araldiche presenti in provincia di Varese, spaziando dall'araldica familiare a quella pubblica, ossia gli antichi stemmi comunali. Così, nel domandarci il perché di tanti simboli a tutt'oggi presenti nei nostri centri urbani, i nostri occhi torneranno a posarsi curiosi all'interno dei vecchi cortili, sulle facciate austere degli antichi manieri, sopra gli archi dei portali dei palazzi patrizi, sulle volte delle chiese e sulle facciate dei municipi.

Insegna degli SforzaL'araldica è da considerarsi un linguaggio figurato, ove lo stemma evoca ed esprime un fatto storico, oppure richiama un cognome diventando il contrassegno di una famiglia o di una comunità. Attraverso la lettura di questo linguaggio è possibile attribuire immediatamente un palazzo, una chiesa o un sepolcro ad una ben definita famiglia.
Questi simboli, nati in epoche in cui erano evidenti le circostanze che richiedevano l'utilizzo sistematico di simboli di identificazione, non sono poi così differenti da quelli del giorno d'oggi, dove il marchio è tutelato dalla norma giuridica e diviene elemento distintivo che assume un preciso rilievo economico, contraddistinguendo un dato prodotto o una data società.
Nell'imbarazzo della scelta, partiamo dallo stemma della Famiglia Visconti di Milano, che è senza dubbio tra i più noti, oltre che tra i più frequenti da rintracciare passeggiando per la nostra provincia.
Esistono numerose leggende che ne raccontano l'origine ed il significato, ovviamente la maggior parte di queste sono state inventate dagli storici che, al fine di omaggiare ed ossequiare i potenti che commissionavano loro le pubblicazioni o che li proteggevano e finanziavano, cercavano in ogni caso di individuare illustri origini del casato.
Insegne di Galeazzo ViscontiLa più probabile origine dello stemma visconteo, costituito principalmente dalla famosa biscia, sarebbe da riferire alla tradizione longobarda. Questo animale sarebbe stato scelto, in epoca tardo-imperiale, come simbolo di identificazione dei gruppi di ceppo germanico che volevano distinguersi da quelli di origine romana. Questi ultimi, a loro volta, avevano eletto la croce quale loro insegna distintiva.
Bovesin della Riva (autore e storico della seconda metà del XIII secolo) tramanda di una concessione dell'uso della vipera che la città di Milano avrebbe fatto ai Visconti. Secondo lo scrittore, questo era il segno distintivo dell'esercito cittadino e veniva impiegato per segnalare ai soldati il luogo dell'accampamento.
Le fonti storiche che sostengono l'utilizzo della vipera antecedente alla signoria dei Visconti sembrerebbero avvalorate da uno stemma lapideo conservato nel Palazzo Arcivescovile di Legnano che risale al XII secolo, mentre gli affreschi conservati nella Rocca di Angera non possono che essere datati successivamente alla definitiva conquista del castello da parte dei Visconti (secolo XIV).
La descrizione araldica dello stemma è la seguente: nel campo di colore argento campeggia una biscia stilizzata di colore verde o - come nel caso della Rocca di Angera - azzurro.
Tuttavia, il biscione visconteo si distingue dalle altre bisce araldiche perché viene rappresentato con fattezze che lo fanno assomigliare ad un drago: l'animale è rappresentato spesso arrotolato su se stesso a formare un anello e con il dorso irto di scaglie appuntite. La testa mostruosa presenta fauci aperte da cui spuntano diversi denti aguzzi e da cui pendono lunghi bargigli. Imprigionato fra i denti si scorge il saraceno (ovvero una figura umana con le braccia aperte) che sta scomparendo, ormai vinto, nella gola del possente mostro. Questo è un simbolo caratteristico che venne posto a testimonianza e richiamo della vittoria militare che la famiglia avrebbe riportato durante le crociate.
Stemmi viscontei sono presenti in diversi luoghi della provincia di Varese, in particolare ricordiamo quelli nella Rocca di Angera e nel borgo della città, nel monastero di Cairate, a Somma Lombardo su diversi muri del castello, a Fagnano Olona, a Jerago all'interno dell'oratorio del castello, a Cislago sui leoni posti a guardia del cancello del castello, nel castello di Albizzate, in quello di Gallarate nella frazione di Crenna, a Sumirago nella frazione di Caidate.
Capitello con stemma dei TorrianiE' doveroso ricordare che sono due le famiglie da sempre associate ai Visconti: gli Sforza e i Torriani (della torre).
I primi perché ne perpetrarono la signoria, i secondi poiché nella lunga lotta che li vide opposti ai Visconti per contendersi il predominio di Milano vennero praticamente vinti e cancellati.
I Torriani hanno ovviamente lasciato poche tracce del loro passaggio, ma esistono alcuni rari stemmi. Uno dei pochi sopravvissuti alle distruzioni del partito visconteo si trova scolpito nel monastero di Cairate su uno dei capitelli di arenaria del chiostro.
Lo stemma dei Torriani è azzurro alla torre di colore rosso munita di tre merli - alla maniera guelfa - con porta aperta e con finestre attraversata da due scettri gigliati d'oro. Il tutto può essere dotato di un capo dal fondo in oro caricato da un'aquila nera linguata di rosso e caricata da una corona d'oro: un'impresa che richiama l'antica appartenenza al partito guelfo, oltre alla cospicua autorità civile e religiosa della famiglia.
Insegna di Massimiliano SforzaDi contro, gli stemmi degli Sforza vennero innalzati nel nostro territorio solo successivamente alla salita al potere di Francesco Sforza. Questi, avendo sposato la figlia illegittima di Filippo Maria Visconti, erede del Ducato, si appropriò del Ducato di Milano alla morte dell'ultimo Visconti. Così, dopo avere soffocato la Repubblica milanese, nel 1450 divenne a tutti gli effetti il Signore di Milano.
Ebbene, questa famiglia rinunziò ad utilizzare lo stemma originale, che era stato concesso dall'Imperatore di Baviera agli Sforza di Cotignola nel 1401. Preferì, invece, riutilizzare lo stemma con la biscia viscontea, cercando in tal modo di mostrare la continuità della nuova famiglia nella casata più antica. Appropriandosi di uno stemma dal passato glorioso, diffusissimo sul territorio e ampiamente conosciuto, si compì "un'operazione pubblicitaria" di grande effetto, che non mancò di dare ottimi risultati. Un'abile politica familiare consentì un efficace inserimento della famiglia nel territorio.
Lo stemma originario del 1401 portava su campo azzurro un leone d'oro che teneva nella zampa ungulata un ramoscello fogliato di colore verde, da cui spuntava il frutto della mela cotogna posta a ricordare il luogo originario della famiglia (Cotignola).
Successivamente, nel fare uso della biscia viscontea lo stemma divenne un inquartato nel primo e nel terzo campo dell'aquila imperiale nera in campo d'oro e nel secondo e nel quarto della biscia viscontea di verde nel campo d'argento.
Un bell'esempio di questo secondo stemma è conservato sulla porta, detta appunto sforzesca, situata nel Monastero di S. Maria del Monte a Varese.
E' utile ricordare, poi, che anche le città si dotarono di stemmi atti a distinguerle e a delimitare i territori o definire l'appartenenza ad una data comunità o ad un dato statuto e, soprattutto, per dare carattere di autenticità ed ufficialità alle carte. La città di Busto Arsizio iniziò ad utilizzare l'attuale stemma attorno al secolo XV: un tipico scudo troncato di rosso e di argento, caricato da due lettere maiuscole B, alla fiamma di rosso nascente dalla punta dello scudo.
Un tipico esempio di stemma "parlante" che voleva richiamare le lettere della città. I documenti che testimoniano l'antichità dello stemma si trovano in un Salterio ed in un Corale della Basilica di S. Giovanni e risalgono al 1400 circa.
Stemma della città di GallarateGallarate, invece, porta un troncato nel primo di argento al gallo di rosso, nel secondo di rosso al gallo d'argento. I due volatili non sembrerebbero alludere alla tradizione che vuole Gallarate fondata dai Galli, piuttosto al fatto che in araldica il gallo è simbolo di guerriero forte. Già nel 1400 la famiglia Gallarati aveva nel proprio stemma un gallo nero.
Questo stemma è presente nel codice Cremosano, un testo di araldica antica di primaria importanza scritto anteriormente all'anno 1680. Opera del notaio camerale Mario Cremosano che: "nell'ore più otiose del caldo, per divertire la mente mia dalle continuate sue applicazioni, mi posi già per ricreatione alla impresa di radunare in un volume le imprese e le insegne di molti vari paesi del mondo".
All'interno del codice Cremosano possiamo trovare anche altri stemmi di città, comunità o terre, tra cui Lodi, Como, Milano, Varese, Busto Arsizio, ecc.
Stemma della città di Busto ArsizioUn altro importante documento di grande valore storico è l'incisione sulla lapide che è stata murata nella chiesa capitolare di S. Maria Assunta. Cronologicamente anteriore al codice Cremosano e datata 1618, ci consente di retrodatare l'origine e l'utilizzo dello stemma in questione.
La qualità della scultura è eccellente e i due galletti spiccano sulla pietra e sembrano estremamente realistici, mentre campeggiano sullo scudo ovale dello stemma.
In ottemperanza alle leggi araldiche, troviamo posta su entrambi i due stemmi cittadini la robusta corona turrita: essa è simbolo di forza e di austerità, oltre che distintivo di dignità civile.

09/13/2001

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