Varesefocus.
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
Varesefocus

 
 

A scuola di musica, per imparare non è mai tardi

Nella provincia di Varese le scuole musicali sono diffuse e capillari ma, come del resto in tutta Italia, solo il 5 per cento degli studenti arriva al diploma. La convinzione che studiare musica sia un lusso o qualcosa di superfluo è ancora dura da scardinare.


Diciassette scuole musicali in rete, sparse dal nord al sud della provincia. La più antica risale al 1918. Un liceo musicale, istituito nel 1954. Oltre duemila allievi, tra bambini, ragazzi e adulti, seguiti da circa duecento docenti. Qualche rivista specializzata ha parlato addirittura di "modello Varese". L'ente capofila di questa federazione delle sette note è il liceo musicale di Varese. Un quadro incoraggiante, se si aggiunge, seppur fuori dalla rete, la presenza del l'istituto pareggiato "Giacomo Puccini" di Gallarate che svolge un ruolo importante in una provincia che non ha il conservatorio.
"La rete nasce per stabilire un percorso didattico unitario - spiega Marco Aceti, direttore del liceo musicale e delle scuole civiche di Induno Olona e Besozzo - e per dare maggiori opportunità ai ragazzi che si avvicinano alla musica. In genere ognuno tende a coltivare il proprio orticello, questo invece è il tentativo di superare i particolarismi".
Il liceo musicale avrà presto una nuova sede (l'inaugurazione è prevista per il 18 febbraio) nell'area Cagna a Biumo Inferiore, ristrutturata da poco dal Comune: 18 aule isolate acusticamente e un auditorium da 140 posti dove potranno esibirsi gli allievi di tutte le scuole che aderiscono alla rete. Era dal 1982 che non si facevano acquisti e così è stato rinnovato anche il parco strumenti con 9 pianoforti nuovi, per un investimento di 100 mila euro.
La maggior parte delle scuole musicali vive o con le rette degli allievi o con i contributi delle amministrazioni comunali, a volte con entrambi. E far quadrare i bilanci, a sentire i vari direttori, non è una cosa facile. Da una parte c'è la passione che alimenta un duro lavoro quotidiano, dall'altra la difficoltà di scardinare la convinzione che studiare musica sia un lusso o qualcosa di superfluo rispetto alla normale formazione di una persona. Un aspetto che purtroppo non è stato favorito dall'insegnamento della materia nella scuola pubblica, relegata ad un ruolo marginale. "Noi viaggiamo sempre su un doppio binario - spiega Fabio Bruno, direttore dell'Accademia Sant'Agostino di Biandronno e Malnate -. C'è una parte didattica e c'è un progetto di formazione artistica. Io credo nell'approccio mitteleuropeo: lo scopo delle scuole musicali non puo' essere solo quello di preparare gli studenti al conservatorio, ma deve allargare il più possibile la base degli appassionati. Basterebbe gettare uno sguardo a paesi come la Germania, la Svezia, l'Olanda e la vicina Svizzera, per constatare che fare musica, cantare e conoscere uno strumento dovrebbe essere una cosa normale. Se si vuole vincere questo pregiudizio e costruire una nuova generazione che, dagli 'anta' agli 'enti', vada ai concerti e studi la musica, bisogna nobilitare la figura del dilettante o dell'amatore. Ecco perché nella nostra scuola è possibile trovare studenti di tutte le età, dai tre anni ai settanta suonati".
La provincia di Varese è in linea con la media nazionale: solo il 5 per cento degli studenti che si iscrivono a una scuola musicale, arriva al diploma. "Si studia musica - aggiunge Sergio Gianzini, direttore dell'istituto parificato "Giacomo Puccini" di Gallarate - per formare lo spirito, l'intelletto e anche il fisico. Per avvicinarsi all'arte non basta il talento, occorre senso del sacrificio, perché uno strumento richiede impegno e dedizione. L'input a iscriversi viene quasi sempre dalle famiglie dove c'è già una sensibilità musicale, ma troppo spesso si coglie una residualità nella scelta. La frase tipica è: 'Mio figlio può solo dalle sei alle sette'. L'insegnamento della musica nella scuola pubblica italiana, trattata come qualcosa di "serie B", non ha di certo facilitato l'affermazione di una cultura musicale".
L'Italia dei talenti, delle grandi menti e delle individualità spiccate è l'altra faccia del pentagramma. La musica colta italiana è presente nel mondo con autorevolezza, ma di fatto non è sufficiente a far cambiare l'atteggiamento culturale di nicchia che la contraddistingue nel Bel Paese. Paola Colombo, direttrice dell'istituto "Gioachino Rossini" di Busto Arsizio, una tra le prime scuole musicali ad essere istituite in provincia (è nata infatti nel 1918), è convinta che la via da seguire sia quella dell'ascolto: "La musica ha una valenza educativa nella sua capacità di favorire il dialogo. Il lavoro di squadra, e quindi un'orchestra, si basa sulla condivisione di un progetto. La musica rende migliori perché educa all'ascolto. Questa è la vera sfida, per chi come noi vive in una società che si basa sull'immagine".
Uno dei problemi di sempre di chi sceglie di studiare uno strumento è la necessità di "raddoppiare" la frequenza della scuola. Iscriversi al liceo musicale, significa affiancare anche un altro corso di studi per ottenere un diploma di media superiore. La stessa cosa accadeva prima della riforma a chi frequentava il conservatorio, perché per avere una laurea ci si doveva iscrivere contemporaneamente all'università.
La scuola "Giacomo Puccini" di Gallarate è uno dei 22 istituti italiani parificati al conservatorio. Il Miur (ministero per l'università e la ricerca) lo ha di recente elevato al rango di istituto superiore di studi musicali, consentendogli di attivare il diploma sperimentale di secondo livello, il più alto titolo di studi in Italia in ambito equiparato. In altre parole al "Giacomo Puccini" ci si puo' laureare. Possono iscriversi gli studenti in possesso di un diploma di conservatorio, diploma di scuola superiore, diploma di accademia, laurea o titolo dello stesso valore. Un salto di qualità non indifferente, ma che deve fare sempre i conti con le casse dell'istituto: "Noi dipendiamo dal comune di Gallarate che paga i docenti, il cui trattamento è equiparato a quello di un conservatorio, e quindi non possiamo fare il passo più lungo della gamba - spiega il direttore Sergio Gianzini -. I nostri 135 allievi pagano una retta che va dai 600 agli 800 euro all'anno e possono decidere, facendo un esame di ammissione, a partire dall'età di 11 anni, di accedere ad un corso di studi di sette anni, clarinetto o flauto, o di dieci, pianoforte, violino o violoncello. La cosa importante è che i ragazzi che frequentano la nostra scuola possono sostenere l'esame di diploma all'interno dell'istituto".
A marzo dovrebbe aprire a Varese un distaccamento del conservatorio di Como, una scelta che se da una parte apre nuove prospettive per gli aspiranti musicisti, dall'altra ripropone un'antica domanda: perché il capoluogo di provincia non ha un conservatorio? "La risposta è semplice - sentenzia Aceti - manca una volontà politica e quando c'è mancano i soldi".
Eppure i benefici della presenza di un conservatorio sul territorio sarebbero molti, come spiega il musicologo Fabio Sartorelli, per quindici anni docente di storia della musica all'Istituto "Giacomo Puccini" e oggi al conservatorio di Bari: "Gallarate è una piccola isola felice per la qualità che esprime e per i risultati che ottiene, ma un conservatorio riuscirebbe a creare un indotto per tutta la provincia, sia in termini artistici che economici".

Salvatore Accardo: la musica puo' salvare il mondo

Il maestro Salvatore Accardo è un grande violinista, celebrato in tutto il mondo. Da sempre è vicino ai problemi concreti dei giovani musicisti, soprattutto in un periodo storico dove gli spazi e le occasioni riservati alla musica classica sono sempre meno. In Italia, più che in altri Paesi, ci sono dei veri talenti che hanno difficoltà a farsi sentire, a trovare concerti e quindi a farsi apprezzare.
Maestro, perché in Italia, nonostante le grandi individualità che esprime in campo musicale, c'è questa situazione?
"La verità è che le istituzioni non aiutano la musica. Il Governo non ha fatto e non fa nulla per risolvere questa situazione. Io ci speravo, eppure la situazione è sempre la stessa. È frustrante per un giovane e bravo musicista non potersi esibire perché non ci sono occasioni o esibirsi per miseri cachet . Ci sono così persone che non hanno un lavoro, mentre potrebbero averne uno meraviglioso".
Ma se lo Stato non interviene, potrebbero pensarci anche sponsor privati.
"Se non è incentivato a farlo, perché un privato dovrebbe aiutare un'orchestra?".
Lei tiene molti concerti all'estero, che cosa la colpisce rispetto alla situazione italiana?
"Da noi chiudono le orchestre, mentre in Germania, ad esempio, ogni città ha la sua orchestra: Dortmund, Duisburg, Karlsruhe. Berlino addirittura ne ha otto. La musica viene percepita come un valore".
Quanto ha influito la separazione netta che c'è in Italia tra cultura umanistica e cultura scientifica?
"Questo è un vero problema e ha a che fare con la necessità di formare un nuovo pubblico. Se parlo con un professionista all'estero, è difficile che non sappia di musica, perché fa parte del suo bagaglio culturale. In Italia si vive a compartimenti stagni, grazie anche alla televisione e al ruolo marginale a cui è stata relegata la musica nella scuola pubblica".
Si parla sempre dei giovani che sono poco attenti alla musica colta. Qual è il modo migliore per avvicinarli?
"In alcune società la musica è un elemento fondante, direi un collante sociale. Sono stato recentemente in Venezuela e ho assistito a una cosa meravigliosa: la nascita di centinaia di orchestre giovanili, grazie a un progetto del maestro José Antonio Abreu che ha tolto dalla strada moltissimi giovani dando loro uno strumento da suonare. La musica d'insieme crea legami, confronto, capacità di ascolto".
La musica contiene, dunque, un messaggio salvifico.
"Certo, è difficile trovare ragazzi tossicodipendenti o drogati tra i musicisti. Gustavo Dudamel, uno dei direttori d'orchestra più talentuosi in circolazione, arriva dall'esperienza venezuelana. C'è un grande valore positivo nella musica, ma questa cosa non entra nella testa dei nostri governanti".
Che cosa pensa dell'attuale riforma dei conservatori? Potrebbe contribuire a risolvere questa situazione?
"Io non ci ho capito niente e, come me, anche il mio amico Bruno Canino. Eppure, lo conosciamo un po' questo mondo. Nell'insegnamento bisogna puntare alla qualità e non alla quantità. A che serve diplomare un musicista con dieci e lode se poi non sa nemmeno appoggiare l'archetto sulle corde del violino".

01/19/2007

Editoriale
Focus
Economia
Inchieste
L'opinione
Territorio

Politica
Vita associativa
Formazione
Case History
Università
Storia dell'industria
Natura
Arte
Cultura
Costume
Musei
In libreria
Abbonamenti
Pubblicità
Numeri precedenti

 
Inizio pagina  
   
Copyright Varesefocus
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
another website made in univa