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Lago di Varese: rinasce la vita

Il piano di Provincia, CCR e Sogeiva si avvicina al primo anno d’operatività. E il risanamento da speranza sta diventando realtà.


Un progetto per riconsegnare il lago ai pescatori, ai canottieri, alla gente… Per ridare vita, insomma, a uno dei bacini prealpini più ricchi di fascino e più importanti a livello di ecosistema.
A quasi un anno dal 31 maggio 2000, quando gli impianti di risanamento del Lago di Varese iniziarono la loro attività, il progetto - deciso dalla Provincia, ideato dal Centro Comune di Ricerca di Ispra e gestito da Sogeiva - può già ben dirsi avviato verso un esito positivo.
Un’indagine condotta da un pool d’esperti dell’Università di Milano, di concerto con il CCR, sottolinea come “…i risultati ottenuti sul piano della qualità delle acque testimoniano del mutarsi in positivo delle condizioni del corpo lacustre” ed evidenzia “…l’accelerazione dei processi di recupero delle condizioni trofiche del Lago di Varese”.

Si è, insomma, finalmente invertito un processodi degrado il cui avvio risaliva all’inizio degli anni Sessanta. Nel 1962 fu l’Istituto Idrobiologico di Pallanza a dimostrare il grado d’inquinamentodel lago a causa dell’eccessiva presenza di sostanze nutrienti riversate da scarichi incontrollati.
La vasca di "strippaggio"Da lì in poi, cominciarono a verificarsi massicce morie di pesci, fenomeno che si è riproposto periodicamente sino ai giorni nostri.
I primi progetti per la costruzione di un collettore e di un depuratore al servizio dei comuni rivieraschi sono della fine degli anni Sessanta.
Occorreranno più di tre lustri per completarli, tra non poche difficoltà e decine di miliardi d’investimenti.
E’ del 1986 l’avvio dell’impianto di depurazione a Gavirate, sulla sponda destra del fiume Bardello. Impianto fin d’allora affidato alla gestione di Sogeiva.
Ma è nel 1994 che la Provincia affronta in modo risolutivo il problema, incaricando il Centro Comune di Ricerche di Ispra di uno studio per il progetto d’intervento diretto sul bacino.
Si comprese, infatti, che le caratteristiche del lago e, in particolare, i tempi di ricambio delle acque non ne avrebbero consentito il recupero in tempi brevi.
Un anno dopo il progetto viene presentato ufficialmente e nel 1997 la Provincia finanziò la realizzazione delle strutture previste.
Entriamo, però, nei dettagli del piano operativo ideato dagli studiosi della struttura scientifica comunitaria di Ispra.
Gli scienziati, coordinati dal Professor Guido Premazzi, hanno previsto due tipi d’intervento: il prelievo ipolimnico e l’ossigenazione delle acque.
Nel primo caso si tratta d’aspirare le acque dagli strati più profondi (attorno ai 20 metri) verso una vasca chiamata di “strippaggio” (ovvero di “allontanamento di componenti inquinanti dall’acqua”) e da qui nel fiume Bardello, unico effluente del lago. La stazione di prelievo è situata nell’area tra le sponde di Gavirate e Biandronno.
L’ossigeno liquido, invece, viene immesso a una profondità tra i cinque e gli otto metri, attraverso lunghe tubazioni collegate a dei serbatoi posti a riva.
Le stazioni d’ossigenazione sono tre: a Bodio Lomnago, a Cazzago Brabbia e alla Schiranna di Varese.
Entrambi questi interventi sono attuati soltanto durante il periodo di stratificazione estiva del lago, cioè all’incirca da maggio a ottobre.
Nel primo anno d’attività, il prelievo ipolimnico si è prolungato per 150 giorni, permettendo di prelevare circa 10 milioni di metri cubi d’acqua (pari a circa il 134% del volume complessivo dello strato di fondo del lago), che contenevano 4,2 tonnellate di fosforo e 27,5 tonnellate d’azoto: due delle sostanze maggiormente responsabili dell’eutrofizzazione del lago.
L’ossigenazione, poi, è stata effettuata per 100 giorni, facendo uscire dalle tre stazioni d’immissione 495.000 chilogrammi d’ossigeno.
La condotta che immette ossigeno nel lagoL’aspetto maggiormente significativo è che - sempre secondo l’indagine condotta da un pool di esperti dell’Università di Milano di concerto con il CCR sul primo anno d’operatività del piano di risanamento - il prelievo ipolimnico ha già permesso il pressoché completo ricambio delle acque lacustri a diretto contatto con i sedimenti del fondo.
Sono inoltre diminuiti considerevolmente sia il periodo d’anossia (mancanza d’ossigeno), sia la concentrazione di fosforo delle acque profonde del lago.
Particolare non trascurabile è anche quello che il versamento nel Bardello delle acque profonde del Lago di Varese non ha causato danni al fiume.
E’ migliorato, anzi, il suo stato di salute, confermando quanto previsto nello studio del CCR datato 1994, che è all’origine del piano di risanamento avviato.
Ora si può guardare con fiducia all’obiettivo primario: garantire che al più presto nelle acque del Lago di Varese si possa di nuovo pescare e fare il bagno.

Un anno di lavoro sul lago

  • Quasi 32.000 chilogrammi di fosforo e azoto asportati dalle acque
  • 530 tonnellate di ossigeno insufflato
  • un centinaio di sopralluoghi
  • 12.700 analisi compiute
  • 850 campionamenti effettuati

    03/15/2001

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