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Terra, metalli e peperoncino

L'incontro con il leader di un gruppo che negli anni '60 riempiva i locali del Varesotto, i Cuccioli, e il cui scioglimento, agli inizi degli anni '70, non ha interrotto la vena creativa dei suoi componenti.

Nel 1972 comparve nei negozi un disco dalla copertina alquanto strana… Vi era attaccato un contenitore di plastica trasparente con quattro scomparti: in uno una manciata di terra, nel secondo un peperoncino, negli altri due delle graffette, delle viti… Il titolo era chilometrico - "Il vento ha cantato per ore tra i rami dei versi d'amore" - e il disco era opera di un trio di Varese: Franchi, Giorgetti e Talamo. A distanza di più di trent'anni ne parliamo con Danilo Franchi.

Partiamo dagli inizi. Per chi aveva vent'anni negli anni '60 il beat a Varese aveva un nome su tutti: i Cuccioli.
In realtà di gruppi qui ce n'erano parecchi: l'Anonima Sound, i Mimitoki, i Cinque Amici... E in alcuni di questi suonavano anche personaggi che sarebbero diventati famosi per altre ragioni, come Massimo Boldi o Claudio Lippi. Comunque, in effetti, non eravamo male, ed anche da noi suonava gente che poi avrebbe "fatto carriera": mi riferisco a Flavio Premoli, poi con la PFM, e a Roberto Carlotto, che finì nei Dik Dik. E forse sapevamo anche scegliere bene il nostro repertorio: non dimentichiamo che i complessi di quegli anni suonavano quasi solo pezzi altrui.
Dove si suonava allora?
Per lo più in sale da ballo: i nostri posti fissi erano il Lido di Luino, la Tavernetta di Ponte Tresa, lo Chalet di Malnate, il Bel Sit di Comerio, il Balcone di Viconago... Una volta ottenemmo un contratto da un dancing di Orino ed il nostro impresario noleggiò addirittura due pullman per portare i nostri fan da Varese: fu un successo nonostante l'iniziativa avesse un titolo, "A Orino con i Cuccioli", non proprio entusiasmante!
Ma non finiste poi con l'incidere nessun disco...
Invece sì, perché vincemmo un concorso che aveva come premio l'incisione di un 45 giri. Scegliemmo un pezzo di nostra composizione, "La strada che cerco", per il lato A e la cover degli Who - "The kids are alright", che chiamammo "Tu non sai" - per il retro.
E i Cuccioli come gruppo quando si sciolsero?
Intorno al '68, dopo un'ultima parentesi come trio senza di me, dato che ero andato ad abitare a Milano. Ed anche quest'ultimo periodo non fu privo di soddisfazioni: suonarono infatti per un mese come spalla dei Pooh, e spesso avevano più successo di loro!
L'esperienza Franchi, Giorgetti e Talamo invece quando inizia?
Io e Vittorio Giorgetti eravamo rimasti in contatto, e ci eravamo messi a suonare cose acustiche insieme appunto a Oliviero Talamo, che veniva dai Chicos. Erano i primi anni '70, i tempi dei cantautori, di Crosby, Stills & Nash… e pensammo che la nostra proposta potesse essere interessante per una casa discografica. Un primo provino lo facemmo davanti a Gino Paoli, ma non riuscimmo a convincerlo. Vicino a dove lavoravo, vi era la sede della Produttori Associati, una casa discografica di grande qualità che aveva pubblicato i dischi di De André, alla quale pensammo di presentarci in un modo diverso dalla solita cassetta (che finiva spesso nel cestino…). Inviammo addirittura una raccomandata al produttore Roberto Dané dicendogli che per lui era un'occasione unica…
E vi chiamò?
Stranamente sì, anche se la prima audizione non fu giudicata sufficiente. Il nostro suono però gli piaceva, e volle darci una seconda chance dopo due settimane a patto di portare delle canzoni diverse. Fummo "promossi" al secondo giro, e dopo pochi mesi eravamo a Roma negli studi di Ennio Morricone ad incidere il disco. La casa discografica non badava a spese: il disco costò 20 milioni del '72, per non parlare della costosissima copertina…
E allora togliamoci finalmente un dubbio dopo trent'anni: cosa voleva dire quel contenitore?
Non vorrei deluderti, ma in realtà era solo un effetto estetico, scelto non da noi ma da un creativo della casa discografica: poi ognuno poteva dargli il senso che voleva. Il titolo invece, così lungo da essere poi accorciato in un semplice "Il vento ha cantato", è un'autocitazione, essendo l'ultimo verso dell'ultima canzone del disco.
Un disco da ascoltare con attenzione, diviso in quattro distinte tematiche. Risentendolo oggi quali canzoni ti sembrano le migliori?
Direi forse "Troppo fredda la notte", sul caso Pinelli, e "Eccolo qui questo domani", il cui testo finì con l'essere inserito in qualche libro scolastico. In generale comunque penso che sia un buon disco con dei testi interessanti. Gli arrangiamenti, poi, sono di Nicola Piovani, allora una giovane promessa e più recentemente vincitore di un Oscar.
E le vendite come andarono?
Complessivamente abbastanza bene, ma devi considerare che non ci fu nessun supporto di concerti, apparizioni televisive o altro, anche se lo stesso Renzo Arbore aveva espresso interesse e passava i nostri pezzi a "Per voi giovani". E' forse difficile capirlo in questi anni di ricerca continua dell'esposizione mediatica, ma noi non eravamo intenzionati a farne la nostra professione: ognuno dei tre aveva iniziato la propria attività e su quello era concentrato. Inoltre gli arrangiamenti del disco non avrebbero consentito un esibizione di noi tre da soli. Fu anche per questo motivo che la cosa finì lì.
Nel senso che non incideste più niente?
Non in uno studio vero e proprio: continuavamo a comporre e a suonare per noi stessi e per i nostri amici. Avevamo pronto un secondo LP nel '74, ma la casa discografica non era più disposta ad investire su di noi, proprio per la nostra riluttanza ad esibirci. I nastri ci sono ancora: chissà mai che un giorno possano vedere la luce…
Intanto c'è stata la riedizione de "il vento ha cantato" in CD.
Ed è bello sapere che a distanza di tempo vi è ancora interesse per un progetto del genere. In verità la casa discografica non esiste più, ma i master erano rimasti in possesso del figlio dell'allora titolare. E con l'aiuto del nostro amico Rocco Cosentino, è stato possibile rimettere insieme tutto.
Un'ultima curiosità: nel CD appare anche un brano che sul disco non c'era…
E' vero: si tratta di "In cinque m'ha legato le mani", un 45 giri inciso per dovere contrattuale con il quale partecipammo nel 1973 al Disco per l'Estate. Forse il tema del manicomio non era tanto indicato alla manifestazione: fatto sta che dividemmo i primi due posti della classifica della critica e gli ultimi due di quella del pubblico (vinse Gianni Nazzaro!) con un cantautore romano esordiente che presentava "Alice non lo sa"…

09/23/2005

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