Varesefocus.
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
Varesefocus

 
 

Atenei, i nemici della riforma

Varesefocus ospita, sul tema della riforma universitaria, un contributo di pensiero di Luciano Guerzoni, Sottosegretario di Stato all'Università, principale ispiratore e artefice della riforma.

L'articolazione degli studi su più livelli - laurea, laurea specialistica e dottorato di ricerca - secondo lo schema "3anni+2+3" costituisce l'innovazione più rilevante della riforma universitaria: che si è soliti ricondurre all'esigenza di superare la rigidità delle attuali lauree a ciclo unico, riducendone l'intollerabile lunghezza, così da porre fine all'alto tasso di abbandoni e all'anomalia tutta italiana dei "fuori corso". La ridefinizione dell'architettura degli studi universitari vuole però corrispondere, ben oltre la necessità di porre rimedio alle più gravi disfunzioni del sistema attuale, sia all'emergente articolazione dei saperi e delle competenze, sia alle nuove domande di istruzione, cultura e formazione espresse dal sistema sociale. Si tratta di ridefinire l'istruzione superiore in relazione a una domanda individuale e sociale che ha caratteristiche quantitative e qualitative inedite rispetto al passato. Ne sono riprova i vistosi vuoti nei fabbisogni di formazione per una vasta gamma di professionalità di livello universitario, documentati da una pluralità di ricerche in ambito nazionale ed europeo. La learning society postula livelli quantitativamente diffusi e qualitativamente elevati di ricerca, istruzione e formazione insieme a modalità flessibili e differenziate di acquisizione delle conoscenze e delle competenze: nel corso degli studi, sul lavoro e lungo tutto l'arco della vita. La riorganizzazione del sistema universitario è finalizzata a queste prospettive. Contrariamente a quanto comunemente si pensa, le insidie maggiori per la riforma non vengono da pur prevedibili aree di resistenza accademica, bensì da un coacervo di culture, interessi e poteri - interni ed esterni alle università - che, pur nell'apparente accettazione della riforma, ne contrastano di fatto gli obiettivi. Così è per la spinta crescente alla gerarchizzazione dei nuovi titoli di studio: sicché la laurea specialistica (voluta dalla riforma unicamente per professionalità di livello avanzato, da esercitarsi "in ambiti specifici") rappresenterebbe il titolo accademico di "serie A", cui riservare le migliori risorse docenti, mentre la laurea costituirebbe un titolo vuoi meramente propedeutico al biennio specialistico, vuoi meramente "professionalizzante" e per ciò stesso di "serie B".
Luciano Guerzoni, Sottosegretario di Stato all'Università
In tale deformante lettura non è difficile cogliere il portato di una persistente cultura di stampo idealistico, che vede nell'attenzione alle competenze e alle professionalità - cioè alla funzione normativa propria dell'università - un attentato alla "purezza" del sapere accademico.
Al medesimo risultato puntano, per ben altri e più corposi interessi, tanto gli ordini professionali più strutturati, protesi a elevate quanto più possibile il livello di accesso dei giovani alle professioni, quanto le corporazioni del pubblico impiego, che vedono nell'approdo indiscriminato alla laurea specialistica la via per generalizzati avanzamenti di carriera e di stipendi, magari ope legis per i laureati già in servizio. Paradossalmente vi si aggiungono, quali inconsapevoli alleati, gli studenti più politicizzati, anche di sinistra, che, anziché cogliere l'opportunità storica della riforma per porre fine all'iniquo parcheggio dei giovani negli interminabili meandri degli attuali corsi universitari, intendono l'accesso generalizzato alla laurea specialistica quale irrinunciabile traguardo egualitario. Come se l'impegno per l'uguaglianza delle opportunità - in termini di qualità della formazione, di occupabilità e della stessa qualità del lavoro - non fosse tutto da spendere, oggi, sulla qualificazione delle nuove lauree: un'occasione irripetibile di promozione sociale, culturale e professionale per la generalità dei giovani. L'esito di tali spinte non è altro che la riproposizione dell'uniformità dell'attuale modello di istruzione universitaria, con l'aggravante di un allungamento della durata dei corsi: non già "3+2", ma cinque anni per tutti! Ne risulterebbero frustrati non soltanto il disegno riformatore, ma ancor più l'imprescindibile esigenza dell' Italia - che registra la più bassa percentuale di laureati dell'intera area Ocse - di disporre rapidamente di un numero adeguato di laureati giovani e di qualità, cui si può pervenire soltanto con uno straordinario impegno delle migliori e più mature risorse della ricerca e della didattica sulle nuove lauree triennali. Una prestigiosa rivista tedesca titolava di recente un servizio sull'università 3+2, schneller! (ovvero "più in fretta"), con l'elenco degli atenei che stanno sperimentando il nuovo modello europeo di istruzione superiore. Come si vede,
la competizione è aperta: averne consapevolezza può servire a comprendere la posta in gioco, per il Paese e per le nuove generazioni. 

09/04/2000

Editoriale
Focus
Economia
Inchieste
L'opinione
Territorio

Politica
Vita associativa
Formazione
Case History
Università
Storia dell'industria
Natura
Arte
Cultura
Costume
Musei
In libreria
Abbonamenti
Pubblicità
Numeri precedenti

 
Inizio pagina  
   
Copyright Varesefocus
Unione degli Industriali della Provincia di Varese
another website made in univa