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La civiltà del castagno

Un'abbazia dell'XI secolo, un mulino del XVIII, edifici contadini del XIX: tre esempi offerti dalla Provincia alle scuole e che riproponiamo ai nostri lettori per un itinerario di primavera all'insegna del "come eravamo".

Una volta… quanto tempo fa? Mille anni, ma anche meno, molto meno. Cento, per esempio e ancora son tanti. Perché è appena da qualche decennio che la nostra tavola è così ricca e varia. Prima, diciamo nel corso degli ultimi dieci secoli, non era così e la storia dell'alimentazione ce lo insegna "dal vivo" lungo un percorso che comincia a Ghirla, dove si può arrivare anche per una stradina (mezz'ora a piedi) che costeggia il lago dalla parte opposta alla provinciale, trasformata dall'estate scorsa in pista ciclabile e che ha inizio alla Badia di Ganna, seconda tappa della nostra gita.
Il centro storico del paese, frazione di Valganna, è un breve intrico di viuzze, slarghi, cortili che bene rendono l'idea d'una vita comunitaria come doveva scorrere fra Sette e Ottocento, chiusa in se stessa ed il più possibile autosufficiente. Il Margorabbia, affluente del Lago Maggiore e qui ancora stretto e impetuoso, vi scorreva frammezzo come una benedizione divina, non solo fonte idrica per ogni necessità della vita umana e animale, ma dal Medioevo in poi anche fonte di energia.
LA PASTA, DONO DEL MEDIOEVO
Del maglio parleremo la prossima volta; adesso può bastare un accenno al mulino, erede settecentesco di altri che dovevano esserci in epoca più antica, quando il diffondersi della pasta e l'aumento della popolazione indussero alla costruzione dei mulini che sfruttavano la forza motrice dell'acqua, tanto che proprio ad allora data il proverbio che identifica gli interessi di ciascuno col "portare l'acqua al proprio mulino". Ambiente affascinante, quello di Ghirla, anche perché la vita del mugnaio vi si svolge ancora oggi, sebbene secondo regole e procedimenti rinnovati: i rumori tipici della ruota che macina e dell'acqua che scorre sono ancora quelli, inconfondibili.
I MONACI, DATORI DI LAVORO ESSENZIALI
La seconda tappa richiede uno spostamento minimo, fino alla Badia o Abbazia di Ganna. Storia affascinante anche questa e ricca di mistero dal momento che le sue origini, millenarie, si fondono con quelle di san Gemolo, che proprio qui subì il martirio assieme al compagno Imerio, diretti entrambi a Roma di scorta ad un vescovo cavaliere, ad opera di briganti. Le sue spoglie sono conservate sotto l'altare della chiesa (quelle dell'amico si trovano a Varese), agli inizi custodite da un gruppetto di romite, quindi da monaci benedettini che, alla metà dell'XI secolo, vi costruirono un ospizio monastico di cui il chiostro pentagonale è l'elemento architettonico caratterizzante. Grazie a loro, la valle circostante rifiorì dando lavoro alle famiglie di poverissimi contadini e boscaioli che poterono così disporre dei mezzi necessari a dissodare le terre ed estrarre la torba. Ed ancora è l'acqua del torrente che scorre proprio a fianco delle mura a segnare la storia del luogo: "Il fiume penetra nell'interno del monastero - scrive San Bernardo proprio in quel periodo-, passa dapprima attraverso il mulino del grano…, quindi le acqua affluiscono in un successivo fabbricato e riempiono la caldaia, dove si bolle la birra… e poi nelle macchine di follatura…". Insomma: quanta fatica risparmiata e quante bocche sfamate attorno ad un monastero, luogo di fede e di cultura, ma anche di lavoro manuale!
LE CASTAGNE, PANE DEI POVERI
L'ultima tappa del nostro percorso si trova a Brinzio, che si appresta a divenire un vero e proprio museo all'aperto della civiltà contadina per la quantità e qualità dei suoi reperti; al fine che oggi ci siamo riproposti vi segnaliamo la "gràa", un piccolo edificio in sasso, da poco recuperato all'antica funzione grazie all'impegno della Pro Loco che vi fa anche una festa (la prossima sarà il 30 ottobre) comprensiva di battitura, pulitura e degustazione delle castagne. A questo, infatti, era adibita la struttura: ad affumicare i frutti dopo oltre un mese trascorso sopra un graticcio, mentre dal livello terreno il fumo di legna veniva alimentato giorno e notte senza interruzione. La castagna, pane dei poveri da queste parti scarse di granturco e frumento, si conservava fino all'autunno successivo e prendeva un sapore inconfondibile!
Uno spuntino fra risotti e selvaggina
Un luogo classico per il ristoro di mezzogiorno (o della sera, perché no, di ritorno dalla gita)? Il "Tre Risotti", naturalmente, uno dei ristoranti più conosciuti di Varese e dintorni sia per la buona cucina sia perché proprio davanti, negli Anni Settanta, terminava una classica del ciclismo provinciale. Con un nome così, inutile aggiungere cosa si offre di appetibile a tavola: risotti cucinati in tutti i modi possibili, da quelli classici a quelli dove l'originalità non manca, magari a base di tapinambur, fiori di zucca, ortiche. Ma anche "umidi" con l'immancabile polenta. La chiusura è al mercoledì. Telefono (è sempre meglio prenotare) 0332-719.720.
Un'alternativa può essere rappresentata dalla trattoria "L'antico borgo" a Brinzio, con piatti di affettati misti e di selvaggina accompagnata da polenta. L'ambiente è stato rinnovato da poco tempo e gode di vista sul Campo dei Fiori. Chiuso il lunedì. Si prenota telefonando allo 0332-435562.
La Badia, una storia millenaria
L'Abbazia di Ganna ha mille anni di vita, la donazione alla Provincia risale al 1999: in mezzo, oltre all'acquisizione nel patrimonio dell'Associazione Amici della Badia, vi è una storia piuttosto intricata, fatta di priori dotati di diritti demaniali, fortificazioni (il monastero era dotato di una doppia cinta muraria e di alcune torri d'avvistamento), lotte tra famiglie benestanti, saccheggi e devastazioni (nel 1511 diecimila soldati svizzeri transitarono da queste parti…), passaggi di mano tra Sforza, Medici e Signori di Francia; persino l'Ospedale Maggiore di Milano, la famosa Cà Granda, ebbe voce in capitolo: il monastero fu suo dalla metà del Cinquecento alla fine dell'Ottocento. Lunghi secoli di gloria e di decadenza, che avevano ridotto il complesso in grave stato. L'Associazione cominciò il recupero trent'anni fa, proseguito ora dalla Provincia; assieme vi organizzano mostre varie e una raffinata stagione di musica classica che, iniziata il 6 marzo scorso, prosegue il 17 aprile, il 13 e 15 m
aggio, il 3 e 17 luglio, l'11 settembre, il 16 ottobre e il 27 novembre. Da non dimenticare una visita al Museo della Badia, gestito dalla parrocchia: si va da reperti archeologici ad oggetti sacri medioevali a dipinti rinascimentali. Piccolo, ma prezioso.

03/31/2005

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