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De Filippi, molto più di una scuola

Un'istituzione radicata non solo nella storia recente di Varese, ma anche nel "cuore" della Città. Un luogo di accoglienza e una scuola turistico-alberghiera.

Il 5 novembre del 1967 Varese festeggiava il quarantesimo anniversario dell'elezione a capoluogo di provincia alla presenza dell'allora Presidente del Consiglio Aldo Moro. La sua visita rappresentava non solo il coronamento di un desiderio espresso da una città che voleva ricordare al meglio l'inizio di un lungo percorso storico e amministrativo, ma significava anche il riconoscimento ufficiale verso un territorio e verso persone che, particolarmente in quel decennio, si segnalavano nel Paese per la loro funzione di traino della industria e del benessere economico-sociale. E proprio sull'apporto di operosità, di capacità imprenditoriale, di abilità tecnica e professionale di un bacino importantissimo nella vita economica del paese si incentrò l'intervento di Aldo Moro a Villa Recalcati, presenti i Sindaci del territorio e i Prefetti di Milano, Como e della stessa Varese.
Le tappe di quella giornata prevedevano, dopo Villa Recalcati, altri momenti significativi: l'inaugurazione di nuove opere realizzate dal complesso Ignis capitanato da Giovanni Borghi - a Comerio e a Cassinetta di Biandronno - e la visita al Convitto arcivescovile De Filippi, di recente realizzazione e pronto al battesimo ufficiale, al cui finanziamento aveva contribuito in larga misura la generosità dello stesso Borghi. A fare gli onori di casa era il Rettore Monsignor Tarcisio Pigionatti, fondatore e anima del convitto varesino, nota figura di religioso e personaggio di primo piano nella Varese di allora. Presenti alla cerimonia erano i fruitori più assidui del convitto, gli studenti, tra cui 14 Africani allievi dell' Istituto Tecnico Industriale di via Zucchi, provenienti da Uganda, Somalia, Libia, Ruanda, futuri tecnici specializzati nei loro paesi d'origine.
Il convitto di via Marzorati, emanazione dell'omonimo e conosciuto collegio di Arona, funzionava già da quasi due decenni, offrendo ospitalità e alloggio a chiunque giungesse da fuori, ma raggiunse proprio allora la sua massima espansione grazie alla creazione di quella struttura, moderna ed efficiente, realizzata all'interno del grande parco sulla collina dei Miogni: accanto alle 120 camere, la nuova costruzione comprendeva aule, uffici, una cappella e una mensa in grado di servire 600 coperti per pasto. Nelle sale del De Filippi, come ricordano molti varesini, è passata la vita di Varese. Non si contavano le giornate dedicate a incontri culturali e di lavoro, a raduni combattentistici, a commemorazioni. Oltre agli studenti erano poi ospiti, soprattutto durante l'estate, numerosi atleti in ritiro, come canottieri e cestisti legati al glorioso basket varesino di allora, quello della formidabile Ignis, anch'essa sostenuta per anni dal patron Borghi.
Nell'estate del 1968 sarebbero stati ospiti anche i ginnasti azzurri capitanati da Menichelli, medaglia d'oro alle olimpiadi di Tokyo del 1964. Il legame tra lo sport e la città fu - nel solco di una tradizione che datava fin dai migliori tempi del mondo ippico varesino - molto intenso negli anni del boom economico, proprio grazie all'importanza che gli attribuivano certi sponsor di allora, capitani della eccellente industria che abbiamo detto; pronti a sostenere attività sportive che spaziavano dal calcio al basket, dall'ippica al ciclismo, alla box, al canottaggio. E il De Filippi rappresentò a sua volta uno dei luoghi deputati ad accogliere e ospitare addetti ai lavori e protagonisti di primo piano. Quegli importanti legami col mondo dello sport furono poi sempre mantenuti nel corso degli anni, grazie all'accoglienza offerta dal convitto e dallo stesso Monsignor Pigionatti. E ancora oggi, nel solco di una ospitalità e di una tradizione incancellabili, continuano a rinnovarsi: molti atleti e campioni, in ritiro o allenamento, scelgono Varese e il De Filippi durante la stagione estiva.

Una risorsa per la città
"Il De Filippi può rappresentare un investimento per la città. Se ci si rende conto che è una risorsa della società varesina può essere uno dei primi tasselli per uno sviluppo di tipo turistico-congressuale. La speranza sta nel sistema bancario, nelle grandi famiglie che tengono alla varesinità, negli amministratori che saranno chiamati prossimamente a guidare la città".
E' questa l'opinione di don Michele Barban, varesino con radici venete e fondatore del Gulliver, che, a partire dallo scorso agosto, ha accettato l'incarico della Curia di prendere in mano le redini del De Filippi, da anni privo del suo fondatore, e bisognoso di una mano forte (oltre che di un sostegno finanziario della collettività) in grado di rilanciarlo. In questo breve spazio di tempo Don Barban ha già lavorato per ridare vita a una istituzione che è entrata nella storia di Varese e che deve e può continuare a servire la città, dando risposta alle richieste di quanti (lavoratori, studenti e studiosi, turisti, pellegrini) traggano conforto da una ospitalità che si rivolge indistintamente a ciascuna persona, come ad ogni associazione o gruppo di lavoro. La struttura dispone tuttora di un centinaio di camere. La destinazione prevista è di 30 camere in autogestione per studenti universitari, docenti e dipendenti del De Filippi. Mentre 70 camere serviranno come albergo e supporto alla struttura convegnistica, e anche come "base" per i parenti di degenti dell'ospedale provenienti da località lontane. Attrezzato come un vero e proprio albergo, il De Filippi continua ad essere un luogo di accoglienza familiare per studenti, lavoratori e turisti, e per chiunque necessiti di ospitalità. Ma vuole anche rappresentare un punto di riferimento culturale, fulcro di iniziative e di incontri (di studio, ricreativi, associazionistici) che servano a favorire contatti e a offrire sempre nuove opportunità a Varese e ai suoi residenti.
Ultima ma non meno importante funzione del De Filippi è quella di essere sede di una quotata scuola alberghiera paritaria, attiva da anni. La novità della scuola è che, già dal prossimo anno, accanto ai due indirizzi di studio riservati rispettivamente al personale di cucina e al personale di sala e bar, si attiverà un terzo settore dedicato alla figura di operatore turistico. Gli allievi otterranno una qualifica al terzo anno e al quinto sarà loro rilasciato un diploma. E già nel quarto e quinto anno per gli allievi inizierà la collaborazione studio-lavoro, cioè la formazione nelle aziende alberghiere. In sede e sul territorio provinciale dapprima, in Italia e in Europa da ultimo. I progetti affrontati da Don Barban e dal consiglio direttivo del De Filippi e i lavori ancora da realizzare sono davvero tanti e investono sia le strutture del complesso di via Marzorati, sia le attività che vi fanno e vi faranno capo.
Cominciando dalle prime, dovrà essere portata a termine entro un anno dall'inizio dei lavori (previsto a breve) la ristrutturazione dell'edificio conosciuto come casino di caccia Perabò, che conserva in una delle sue sale intatti affreschi del Cinquecento, e nei cui spazi sarà accolta anche la nuova cappella. Molti lavori riguardano anche il grande complesso contenente le camere e la immensa sala da pranzo. Alcuni sono già stati fatti: così che l'edificio attualmente dispone di tre ampie sale per dibattiti e convegni, con una capienza rispettiva di 120, 150 e 530 posti. Ma ci sono ancora da rimettere a nuovo le cento camere e da risistemare le grandi cucine.
In previsione è anche la ristrutturazione di un piccolo edificio un tempo di proprietà delle suore della Santa Croce, nel parco limitrofo, che sarà rinnovato e destinato a luogo di accoglienza per missionari laici di ritorno dalla missione. Circa le attività, al De Filippi importa particolarmente di ampliare quella offerta, già in atto, di sede di corsi superiori tesi a sviluppare settori nei quali è importante il discorso della formazione a livello specialistico. Alcuni corsi sono già attivi e altri partiranno dal prossimo anno. Ci saranno corsi di formazione ASA, per consulenti familiari, e per consulenti di informatica, e anche corsi superiori per adulti; come un corso di cucina ad alto livello, per chiunque abbia voglia di cimentarsi con la gastronomia.
Da ultimo, l'intenzione è di creare anche una serie di momenti culturali qualificati: con cicli di spettacoli dedicati al cinema, alla musica, al teatro, e magari anche a rassegne d'arte negli spazi rinnovati della palazzina Perabò. Pare di capire che ogni seria proposta di iniziativa culturale - da qualunque ambito venga - può essere ben accetta, così come le porte del De Filippi sono aperte a tutte le persone di buona volontà.

Il fondatore Monsignor Tarcisio Pigionatti
Nato il 12 dicembre 1914 da una famiglia di Venegono Inferiore, Monsignor Tarcisio Pigionatti fu per 60 anni un infaticabile "fautore e trascinatore di iniziative", come lo ricordò nel Calandari della famiglia bosina il giornalista Mario Lodi. Ordinato sacerdote per mano di Monsignor Ildefonso Schuster, il 27 giugno del 1937, fu Vice-rettore del Collegio arcivescovile di Cantù fino al 1940, quando partì volontario come cappellano militare con gli alpini della divisione Parma per il fronte greco albanese. A fine conflitto fu nominato rettore del Convitto arcivescovile De Filippi di Arona.
La nascita all'inizio degli anni cinquanta della sede varesina del De Filippi sulla collina dei Miogni fu opera sua. Alla sua creatura restò legato fino alla fine dei suoi giorni, contribuendo ad ampliarla e migliorarla grazie all'aiuto di amici e benefattori, e fondandovi anche una rinomata e tuttora attiva Scuola alberghiera. Sempre disponibile verso la città e la sua gente, tanto che il De Filippi divenne un po' "la casa" di tutti i varesini, mantenne perennemente nel cuore quella vocazione di cappellano che aveva onorato con sacrificio e abnegazione durante la seconda guerra mondiale: grazie a lui e al suo coraggio molti corpi di giovani soldati caduti in combattimento e dispersi sulle montagne dei Balcani avevano potuto essere riconosciute e riconsegnate ai familiari, per trovare sepoltura in patria. La collaborazione con le associazioni patriottiche, combattentistiche e d'arma, sia della città, sia della provincia, che si estrinsecava in incontri rievocativi in memoria di tanti caduti, proprio quell'antico vincolo di sacrificio e dedizione significava. Nello stesso anno della morte di Monsignore, avvenuta l'11 maggio 1997, è nata per opera di alcuni suoi amici una fondazione intitolata al suo nome a sostegno dei vecchi e nuovi poveri, in particolare per fornire borse di studio a studenti bisognosi e promuovere incontri culturali per lo sviluppo della solidarietà.
Monsignor Pigionatti ha lasciato scritto nel suo testamento spirituale: "Ricorderò tutti presso il Signore: i miei alunni ed ex - alunni… i benefattori… i miei soldati… Tutti coloro che furono la ragione e la gioia del mio sacerdozio".

03/28/2002

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