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Ripresa, forse ci siamo

Da alcuni anni la ripresa del ciclo economico viene profetizzata, salvo rinviarla di semestre in semestre. Ora, però, dovrebbe essere la volta buona. I molti segni premonitori. I vantaggi per lavoratori, imprese, risparmiatori.

Il barometro dell'economia mondiale punta finalmente sul bello. L'anno appena iniziato ha davanti a sé prospettive migliori di quelle con le quali si era inaugurato il 2003. Che, però, ci ha lasciato in eredità una crescita ritrovata, seppure con ritmi molto diversi tra le diverse aree: rapidissima in Asia orientale, rapida nelle Americhe, più lenta in Eurolandia. Ma attenzione: la lunga perturbazione che ha imperversato sui cieli economici dei principali Paesi industriali è ancora capace di colpi di coda. Perciò, il bel tempo rimarrà instabile. Come mai?
La fonte principale dell'instabilità sono gli Stati Uniti. La principale economia mondiale è, infatti, tornata a espandersi a ritmi molto elevati, fin troppo. Ma questo risultato positivo è stato ottenuto impiegando tutte le leve della politica economica e in dosi massicce: i tassi di interesse a breve sono stati portati ai livelli minimi da quarant'anni (anche se non in termini reali: l'inflazione è anch'essa molto più contenuta del consueto); ci sono state ben tre manovre, con tagli di tassi e aumenti di spesa pubblica, per un totale pari al 6% del PIL; il cambio del dollaro sta scendendo dalla seconda metà del 2002. Insomma, la corsa americana è "drogata". Droghe opportune (altrimenti ci sarebbe stata una lunga e profonda recessione) e di cui tutto il mondo ha beneficiato: il sostegno all'economia Usa si è trasformato in aiuto a tutta la crescita mondiale (eccetto che per l'effetto cambio, che ha favorito le produzioni a stelle e strisce, a scapito soprattutto di quelle europee). Il prezzo di questa cura si chiama "deficit gemelli": il buco nei conti pubblici ha superato il 4% del PIL e quello nei conti con l'estero il 5%. Sono disavanzi enormi che non rientreranno da soli. Occorrerà, man mano che l'economia americana darà prova di essere capace di camminare sulle proprie gambe, tappare quei buchi e ciò potrà avvenire con misure che avranno l'effetto di contenere la crescita. Ma queste misure non verranno prese prima del voto presidenziale del 4 novembre, in cui George Bush cerca la rielezione. Dunque, di fatto non prima del 2005. Un po' di freno, comunque, entrerà in funzione automaticamente nel corso del 2004, giacché alcuni stimoli perderanno vigore o si esauriranno del tutto.
Se gli Usa sono in marcia, l'Asia guidata dalla Cina continua a galoppare, e dà un apporto molto rilevante alla crescita mondiale. Alla sinfonia di sviluppo partecipa anche il Giappone, che ha nelle altre nazioni asiatiche i principali partner commerciali. Un nodo irrisolto è quello del rapporto tra le monete dell'area, remimbi cinese in testa, e il dollaro: infatti, sono agganciate alla valuta Usa e ciò fa sì che la svalutazione del biglietto verde avvenga soprattutto nei confronti dell'euro e delle altre monete del Vecchio continente. Una tendenza che non può essere mantenuta a lungo, perché insostenibile per l'economia di Eurolandia e perché scarsamente efficace per raddrizzare i conti con l'estero americani, che sono in rosso soprattutto verso l'Asia. Quindi, nel 2004 dovrà essere meglio affrontata la questione della rivalutazione delle monete asiatiche. Una questione spinosa, politicamente per i rapporti tra le superpotenze (Usa da un lato, Cina dall'altro) e finanziariamente per le possibili ripercussioni sui flussi di capitali e quindi sull'andamento dei mercati azionari.
Quali sono le ricadute di questo quadro internazionale per il benessere economico degli italiani? Suddividiamo la risposta in quattro capitoli.
Ripresa in decollo. La crescita dell'Italia si è già riavviata nella seconda metà dell'anno passato, anche se il bilancio complessivo è stato guastato dal ristagno del primo semestre. Nel 2004 la sua forza diverrà molto più evidente. E le sorprese potrebbero essere in positivo: il ritmo di aumento del Pil potrebbe risultare maggiore delle previsioni, che attualmente si aggirano poco sopra l'1,5% annuo. Oltre all'aumento dei consumi, che rimarrà sui ritmi sostenuti già osservati l'anno passato (2%), ricominceranno a salire gli investimenti delle imprese e accelereranno le esportazioni, grazie al rilancio della domanda interna di tutta l'economia di Eurolandia.
Inflazione calante. Non solo nei dati dell'Istat, ma anche nella percezione della gente. Perché verranno meno alcuni fattori di spinta dei listini che hanno interessato i generi alimentari freschi e si esauriranno i rincari causati dal passaggio alla moneta unica. Questo si è tradotto in prezzi al consumo più elevati soprattutto di alcuni servizi (ristorazione, alberghi), anche se con un impatto generale nettamente inferiore a quello che gli è stato attribuito nelle polemiche sul carovita. Il ritmo di incremento dei prezzi al consumo scenderà sotto il 2% annuo. E' chiaro che ancora per molto tempo, però, sarà difficile avere confidenza con i prezzi espressi in euro, che da un lato ci paiono bassi (perché mentalmente spesso facciamo la conversione un euro=mille lire) e dall'altro si rivelano, quando utilizziamo il tasso di cambio corretto, elevati.
Lavoro più remunerato. Rispetto alle precedenti fasi di difficoltà dell'economia, la crisi recente non ha colpito tanto i posti di lavoro (che sono continuati a salire o al più sono rimasti invariati), quanto le buste paga. Le retribuzioni ne hanno risentito sia in termini nominali (in netta frenata) che soprattutto in termini reali (per un aumento dei prezzi più sostenuto dell'atteso). I più recenti rinnovi contrattuali hanno riconosciuto parte delle perdite passate e quindi ridato slancio alle buste paga, mentre la riduzione in corso dell'inflazione ne difenderà meglio il potere d'acquisto.
Risparmio a basso rendimento. Chi si accontenta… I casi clamorosi di crack (Argentina, Cirio, Parmalat) e le forti perdite patite coi cali di Borsa dovrebbero ricordare ai risparmiatori che ogni maggior rendimento comporta sempre anche un più elevato rischio. Meglio quindi non fidarsi di chi promette "guadagni elevati e sicuri". Il panorama del 2004 comunque si presenta con forti rischi di rialzi nei tassi di interesse (meglio perciò evitare le obbligazioni), mentre almeno nella prima parte dell'anno ci sarà ancora qualche spazio di aumento del valore delle azioni. Attenzione ai prezzi delle case: siamo ormai prossimi ai massimi.

01/15/2004

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